Salvini e Meloni l’ultimo autogol di una destra in crisi di nervi

A Milano la leader di FdI tarda all’evento per la chiusura del candidato Bernardo e il leghista se ne va. Berlusconi: “Non pensino di fare i premier”. Poi smentisce
di Emanuele Lauria e Matteo Pucciarelli
ROMA — Per il centrodestra è stata una campagna elettorale cominciata male e che si sta chiudendo così, piena di tossine e coi nervi a fior di pelle. Pesa la competizione interna tra partiti, la difficile coabitazione tra forze di governo e di opposizione e la scelta di candidati che non si sono rivelati all’altezza. Basta vedere cosa è accaduto a Milano: alla presentazione pubblica di Luca Bernardo, a metà luglio, Giorgia Meloni non si presentò in plateale polemica contro la Lega e Forza Italia che avevano lasciato fuori Fratelli d’Italia dalle nomine Rai; alla chiusura di campagna elettorale, ieri, di nuovo Meloni e Matteo Salvini non si sono incrociati e quindi niente photo opportunity con tutti i leader nazionali per l’avversario di Beppe Sala. Stavolta è successo per colpa degli imprevisti, un aereo in ritardo per lei e un treno invece in perfetto orario per lui. Ma la stizza pubblica del leader della Lega («eh vabbè però ho già spostato due appuntamenti…») poco prima di lasciare la sala conferenze dell’hotel è stata evidente a tutti, con Ignazio La Russa nelle vesti di portatore di pace tra i due ma senza risultato. «Nulla, Matteo se n’è andato, non ha ascoltato nessuno, nemmeno il candidato sindaco, che ti devo dire…», il suo sfogo al telefono con la collega di partito Daniela Santanché. «È una vergogna», l’ulteriore commento tra due parlamentari di Fdi. «Qui organizziamo tutto noi e poi arrivano loro e fanno i fenomeni », la replica di un leghista lombardo alto in grado. Poi certo, dal palco tutti lì a ribadire l’unità della coalizione, «i veri avversari sono a sinistra e non qui» per dirla con Salvini, «cercano sempre di metterci contro» per dirla con Meloni. Ma il clima è tutt’altro che idilliaco e al di là di chi vincerà le elezioni a Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna, a destra tutti andranno a vedere chi ha preso più voti tra Lega e Fdi. Perché la sfida per la leadership della coalizione passa proprio, e anche, da questo risultato.
Oggi l’ultima toppa sarà la reunion fra Salvini e Meloni a Spinaceto, periferia romana, a uso e consumo dei giornalisti. Ma la strada che ha portato il centrodestra al voto di domenica e lunedì è costellata di autentici autogol. Per prima cosa si è arrivati alle candidature con settimane di rinvii, tavoli saltati e accuse reciproche su chi fosse di volta in volta a tirare il bidone. Per restare su Milano, Bernardo che viene travolto dalle polemiche per il possesso di una pistola portata pure in ospedale e poi si lamenta con i partiti di non aver versato quanto pattuito per la campagna elettorale, audio poi reso pubblico proprio da Repubblica . Nella Capitale, Enrico Michetti che si perde nelle dissertazioni sull’antica Roma ed evita i confronti con tutti gli altri candidati. A Napoli, la Lega che non riesce a presentare la propria lista per questioni burocratiche e resta fuori dalla sfida. Nel mezzo: la Lega che fa campagna acquisti in Lombardia scippando personale politico a Forza Italia come reazione all’addio dell’eurodeputata no vax Francesca Donato e fa saltare il progetto di federazione; il potente ministro leghista per lo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che alla Stampa boccia senza appello proprio Michetti e loda invece la candidatura di Carlo Calenda; Silvio Berlusconi che sullo stesso giornale due giorni fa liquida come inverosimile l’ipotesi di Salvini o Meloni premier (e poi smentisce). E ancora: l’atteggiamento ondivago di Salvini su vaccini e Green Pass che indispettisce l’ala governista del partito, i suoi attacchi senza effetto alla ministra degli Interni Luciana Lamorgese e buon ultimo il caso Luca Morisi, che rischia di minare la credibilità del segretario. La strategia di Salvini, in queste ultime ore di rincorsa elettorale, è quella un tempo cara a Berlusconi: proclamarsi bersaglio di un attacco concentrico per capitalizzare la solidarietà degli elettori. «Se pensano di intimorirmi hanno sbagliato», le sue parole ieri rispetto alla faccenda che riguarda l’ex capo della comunicazione social, facendo intendere un complotto nei suoi confronti. E Giorgia Meloni ieri sera ha dichiarato: «Sono fatti del 14 agosto e si vota fra una settimana, è normale questo tempismo?». Quello di Salvini è un modo per compattare le truppe, evocare un oscuro nemico per rafforzarsi. Non è detto che l’operazione stavolta riesca. Nonostante per i sondaggi il centrodestra sia ampia maggioranza nel Paese, tre degli uomini guida della coalizione scelgono la Calabria per chiudere la campagna: Salvini, Antonio Tajani e Maurizio Lupi. L’unico luogo dove la vittoria non sembra in discussione, grazie (anche) alle divisioni della sinistra.
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