Gli errori sulle future generazioni.

Il punto
A certificarlo è stato uno dei più affermati istituti di ricerca, il McKinsey Global Institute. Le prossime generazioni potrebbero essere più povere dei loro genitori. Quasi i due terzi della popolazione dei 25 Paesi più industrializzati, ha notato Martin Wolf sul Financial Times , hanno avuto tra il 2005 e il 2014 guadagni da salari o capitale inferiori al passato. A soffrirne di più sono Italia e Usa. Nel nostro Paese il fenomeno ha riguardato il 97% delle famiglie, contro l’81% degli Stati Uniti e il 63% della Francia. Riuscire a individuare cosa ha determinato questo altro triste primato dell’Italia sarebbe di grande aiuto. Temiamo che non ci sia soltanto una causa scatenante, ma che siamo di fronte alla conseguenza del numeroso elenco di problemi che stringono in una morsa il nostro Paese. È proprio per questo che pensare che bastino poche azioni o le tanto invocate riforme a farci riguadagnare terreno è illusorio. Va recuperato un clima di sforzo collettivo che purtroppo non si intravede. O meglio: si intuisce guardando quelle imprese che hanno reagito alla crisi ristrutturando. In genere sono quelle che hanno cercato orizzonti di sviluppo fuori dal nostro Paese attraverso l’export e la ricerca di nuovi mercati. Ma il resto dell’Italia – a cominciare dai dirigenti pubblici per arrivare al singolo impiegato, fino alla politica – che immagine ha dato del Paese affinché lo sforzo collettivo fosse non solo richiesto ma praticato? La volontà di intraprendere è stata agevolata? Il merito è stato premiato o continuamente negato? Nessuna meraviglia che l’Istat abbia certificato che sono oltre 100 mila i laureati italiani fuggiti all’estero, un numero sicuramente inferiore alla realtà vista la quantità di giovani che comunque mantiene la residenza italiana. Sono tra i migliori e soprattutto i più qualificati. Ciascuno di noi dovrebbe interrogarsi su quanto ha contribuito a negare il futuro a qualcuno di quei ragazzi. E al nostro Paese.
Corriere L’Economia.