«Anac, ciclo chiuso Il clima è diverso»

L’addio di Cantone

Tornerà magistrato. I dissidi con il governo

di Giovanni Bianconi

ROMA «Un ciclo si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell’Anac e del suo ruolo», scrive Raffele Cantone, annunciando l’addio al vertice dell’Autorità anticorruzione con otto mesi di anticipo sulla scadenza. Una decisione «maturata progressivamente», il che significa che con il governo grillino-leghista i rapporti si sono sempre più deteriorati, fino a spezzare quel rapporto di fiducia con l’autorità politica che cinque anni fa lo nominò presidente dell’Anac. Quando c’erano Matteo Renzi a palazzo Chigi e un’altra maggioranza in Parlamento.

Cantone torna a vestire la toga indossata la prima volta 28 anni fa, anche per dare il suo contributo «in un momento difficile per la magistratura». Ma al di là della voglia di rientrare nei ranghi, è evidente che l’uomo-simbolo del contrasto alla corruzione non si sente a suo agio con un governo che ha quasi sempre mostrato di soffrire (e ignorare) i punti di vista e le posizioni dell’Anac. «Progressivamente», appunto.

Cantone l’ha detto anche al Presidente della Repubblica, il primo ad essere avvisato della decisione comunicata ieri con una lettera sul sito dell’Autorità. Le ultime incomprensioni — ma si possono tranquillamente definire contrasti — sono emerse sul decreto Sbloccacantieri. L’Anac aveva indicato diverse «criticità» al governo, alle commissioni parlamentari competenti, nella relazione annuale: certe riforme, come l’innalzamento a 150.000 euro della soglia dei lavori sotto la quale si possono assegnare lavori con procedure semplificate, «aumentano certamente il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi». Allarmi ignorati, come quelli sulla possibile incostituzionalità delle deroghe al codice degli appalti e i poteri straordinari ai commissari.

La risposta del governo è sempre arrivata con sbrigative dichiarazioni: «La corruzione c’è dove c’è complicazione ed eccesso di burocrazia», replicava Matteo Salvini elogiando lo Sbloccacantieri. E il ministro pentastellato delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, pur riconoscendo «legittimità» alle opinioni del presidente dell’Anac, ricordava l’approvazione della legge Spazzacorrotti. Mettendo l’accento sulla repressione anziché sulla prevenzione, e rivelando così un atteggiamento diverso — se non opposto — a quello dell’Autorità anticorruzione. Ecco perché Cantone mette l’accento sulla divaricazione di «approccio culturale». Che era già evidente, prima ancora delle disquisizioni tecniche sulle norme, in ciò che il presidente disse sul nome che i Cinque Stelle avevano scelto per battezzare la loro riforma anticorruzione (peraltro condivisa da Cantone in molte parti): «Spazzacorrotti è un termine che mi piace poco perché i corrotti non vanno spazzati via, ma evitati». Nel suo discorso di insediamento, il premier Giuseppe Conte aveva manifestato delusione per i risultati conseguiti dall’Anac, «e forse avevamo investito troppo», disse. In un anno e più il feeling non è mai decollato, e ora Cantone se ne va sottolineando che dal 2014 «abbiamo compiuto grandi passi avanti nel campo della prevenzione della corruzione, tanto da essere divenuta un modello di riferimento all’estero». Anche grazie all’Anac. E grazie gli ha detto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, mentre il vicepremier Luigi Di Maio gli fa gli auguri per il futuro, riconoscendogli «lealtà». Silenzio da Salvini e dal suo partito. L’opposizione del Pd, invece, protesta: «Non hanno eliminato la corruzione, e l’anticorruzione è diventata un peso», accusa il presidente Paolo Gentiloni.

 

https://www.corriere.it/