Un Salvini in vetrina    

il caffè

 

di Massimo Gramellini

 

Per rilanciare il turismo in Toscana il consigliere regionale Roberto Salvini (leghista, ma non parente) propone di esporre le donne in vetrina. Il meccanismo di queste provocazioni è noto e viene costantemente praticato anche da politici e giornalisti ben più smaliziati dell’Omonimo. Si afferma una bestialità rasoterra come se fosse la semplice presa d’atto di una realtà scomoda e troppo a lungo occultata, rovesciando su chi non la condivide l’accusa di perbenismo e attribuendo a sé stessi, per contrasto, una patente di sana schiettezza popolare. La catena alimentare del Salvini etrusco funziona così: il turista maschio (la turista femmina non è contemplata come soggetto autonomo) va in vacanza principalmente per sbronzarsi e per copulare a pagamento, quindi un bravo oste deve garantirgli il vino e le prostitute, mica la tessera dei musei o il buono per una degustazione di nouvelle cuisine.

La Lega ha sospeso il reprobo per avere espresso un pensiero troppo disinvolto anche per i suoi parametri. Io invece mi domando perché questi pensieri siano sempre così datati. Facciano cioè riferimento a un mondo che non è nemmeno quello di mio padre, ma di mio nonno. Quando l’iniziazione del maschio procedeva a base di sbronze, «gradische» e gare di peti. Il fiorente mercato della volgarità reclama beceraggini inedite e al passo con i tempi. Se proprio il Salvini Roberto vuole mettere qualcuno in vetrina, che sia almeno un robot.

 

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