Vecchi più ricchi e giovani più poveri: ora la rabbia sta crescendo

L’editoriale del direttore Nico Perrone per Dire Oggi

ROMA – Vero che nel corso dell’epidemia sono stati gli anziani a soffrire di più ed è tra di loro che si sono registrati più morti. Ma adesso, con la campagna di vaccinazione di massa e con i dati che mostrano l’epidemia in calo, è proprio la popolazione più anziana quella che ha resistito meglio e che alla fine si ritrova anche più ricca rispetto alle fasce d’età più giovani. E gli ultimi dati segnalano un preoccupante aumento del “risentimento generazionale”, che potrebbe presto sfociare in rabbia. Oggi sono stati presentati i risultati della ricerca svolta dal Censis proprio su questi temi.

Nonni e nonne dopo 16 mesi di pandemia hanno mostrato una forte tenuta psicologica: il 69,3% degli anziani dichiara di non aver sofferto di stress psicofisico dal marzo 2020, mentre il dato scende al 23,3% tra i giovani e al 34,1% tra gli adulti. Una grande capacità di tenuta e adattamento, un ‘furore di rivivere’ che ha spinto gli anziani a ripartire di slancio. Il 43,4% di loro dedicherà più tempo alla cura personale, facendo uso di cosmetici, praticando fitness, andando dal barbiere o dal parrucchiere ed il 24,7% è pronto a rinnovare il proprio guardaroba. Ma non sono egoisti: l’88,7% di loro si definisce il bancomat di figli e nipoti e al riguardo sono d’accordo il 67,1% degli adulti e il 50,8% dei giovani. Con ogni probabilità sarà ancora così in futuro, poiché il 67,8% degli anziani è convinto che la propria condizione economica sarà migliore o uguale ad oggi nel post pandemia, mentre ad avere la stessa fiducia è il 52,3% degli adulti e dei giovani. E se il 32,2% degli anziani teme una condizione economica peggiore, lo scivolamento in basso è temuto dal 47,7% di adulti e giovani.

Eppure sta crescendo la frattura intergenerazionale
: per il 54,3% dei giovani (il 35% l’anno scorso) si spendono troppe risorse pubbliche per gli anziani, mentre per il 74,1% ci sono troppi anziani in posizioni di potere, dall’economia alla società, fino ai media. L’Italia è un Paese longevo e “se noi anziani abbiamo sopportato meglio la pandemia – ha detto Giuseppe De Rita, presidente del Censis – è perché facciamo parte di una generazione particolare, nata tra gli anni 30 e gli anni 50, che le ha viste tutte, quindi capace di consolidare l’esistenza di sé stessi e della società. Gli anziani, infatti, non hanno drammatizzato più di tanto, mentre i giovani hanno avuto più paura della pandemia. L’emergenza sanitaria ha confermato che il popolo degli anziani ha un suo punto forza e di stabilità sia sul piano psichico sia sul piano finanziario”, ha aggiunto De Rita. E il futuro, soprattutto per i giovani, è sempre più nero. Lasciamo stare quelli che dall’alto dei loro patrimoni miliardari (Guido Barilla) li invita ad accettare lavori poco remunerati, ma è proprio sul versante occupazione che si giocherà una dura battaglia. Perché è un fatto, rispetto alla mia generazione nata negli anni Sessanta, che i nostri figli già oggi non solo hanno meno diritti rispetto a noi ma anche un debito pubblico da paura che gli stiamo caricando sulle spalle per i prossimi decenni. Qualcuno millantava, si sforzava a dire che con meno regole e meno diritti la ricchezza si sarebbe moltiplicata e diffusa. Un discorso che poteva essere anche valido se si fosse andati comunque nella direzione di garantire alcune cose fondamentali come la casa, la salute, l’istruzione, ambiente migliore e cultura. Visti i risultati, quella promessa si è rivelata una fregatura, è stata tolta loro la speranza e sono stati cancellati diritti, che invece restano riconosciuti ai ‘vecchi‘. Ora l’Europa ha messo in campo il Next Generation proprio dedicato ai giovani, tocca a loro far sentire la loro voce perché quei fondi alla fine non restino nelle solite vecchie tasche.

 

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