UN NEGOZIATO CHE CONFERMA TUTTE LE FRAGILITÀ

 

 

di Massimo Franco

 

È confortante sentir dire a Matteo Salvini che sono «ore delicate. Stiamo mandando alla Commissione europea l’ultima copia del bilancio». Le sue parole tradiscono una punta di trepidazione per il responso di Bruxelles. Lasciano capire che il documento è stato riscritto e limato. E sembrano riflettere la presa d’atto anche del vicepremier, ministro dell’Interno e leader della Lega, che il governo italiano deve sperare nel «placet» di Jean-Claude Juncker. Per questo Salvini esprime la speranza di chiudere la trattativa.

« Abbiamo dimostrato buonsenso e ragionevolezza», assicura. «Ma per dialogare bisogna essere in due. Mi auguro che da parte di Bruxelles non ci siano figli e figliastri». Il vicepremier si lascia aperta una finestrella per piazzare una battuta ironica su Juncker rabbonito dal Natale. Ma non basta a velare un’apprensione palpabile. Può darsi che la procedura di infrazione non sarà aperta il 19 dicembre, come si temeva fino a poche settimane fa. La mediazione del premier Giuseppe Conte e il ritorno alla realtà di M5S e Lega hanno permesso di rivedere le spese in deficit per reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni.

Avvertire, però, che l’esecutivo non è disposto ad accettare altre richieste di tagli, conferma quanto sia sulla difensiva: con Conte e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, chiusi anche ieri pomeriggio a Palazzo Chigi per un ultimo vertice. Partito con una dose di supponenza inspiegabile, il negoziato con la Commissione ha misurato per intero la fragilità della maggioranza giallo-verde; e il rischio di isolamento non tanto rispetto alle istituzioni di Bruxelles, ma tra gli altri 26 Stati dell’Ue. Questo ha costretto Luigi Di Maio e Salvini a cambiare toni e pretese.

E l’«esecutore» del loro contratto è diventato mediatore: anche perché altrimenti si sarebbe complicata la trattativa, dopo gli insulti tra Roma e Bruxelles. Giurando di non avere rinunciato alle promesse elettorali, Di Maio e Salvini hanno finito per accogliere le obiezioni europee. E Conte ha potuto piegare le loro resistenze perché il pericolo di un commissariamento è diventato di colpo una prospettiva concreta; e perché sapeva di avere dalla sua parte il Quirinale.

Proprio ieri, parlando al corpo diplomatico, il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha esaltato l’importanza dell’Europa e di una politica multilaterale. Ha avvertito che l’appartenenza alla comunità internazionale «non può essere parziale o a intermittenza». E ha additato i rischi dell’unilateralismo e dei conflitti che porterebbe con sé: un’analisi arrivata proprio nelle ore decisive del negoziato. È il segno che la strada imboccata è giusta; ma anche che il governo deve andare avanti senza scarti e strappi: nemmeno al suo interno.

 

Fonte: Corriere della Sera, https://www.corriere.it/