Salvini “Silvio non tradirà i patti con la Lega e il premier lo indico io”.

 

Intervista
Un accordo Ppe anti populisti vi metterebbe fuori dal governo, dopo il 4 marzo. Ha letto, Matteo Salvini? «Da quanto mi risulta, da quanto mi raccontano i nostri amici e le nostre fonti a Bruxelles, è un patto che non esiste. Anzi, stiamo lavorando per coinvolgere in campagna elettorale alcuni dei nostri alleati in Europa: penso agli austriaci al governo proprio con il Ppe. Loro sono la dimostrazione del fatto che se hai le idee chiare puoi andare al governo senza ostacoli».
Guardi che se il centrodestra non avrà i numeri, Silvio Berlusconi guarderà altrove.
Forse lo farete anche voi coi Cinque stelle.
«Ma no. È un teorema giornalistico, roba fuori dalla realtà».
Le dice nulla il fatto che Berlusconi abbia rilanciato Tajani premier? Non pensa rientri tra quelle garanzie date a Bruxelles? «Vinciamo noi e il premier lo indica la Lega. E non siamo noi a dover dare garanzie alla Ue. Sono i burocrati di Bruxelles che devono scusarsi con gli italiani. Per le quote latte e mille altre cose».
E cosa pensa che succederà se non ci saranno i numeri per governare? «Gli elettori mi chiedono di vincere per applicare il mio programma. E io per serietà non chiedo i voti della Lega per portarli ad altri».
Eppure lei di aperture ai grillini ne ha fatte, eccome.
«Li avevo invitati al confronto su alcuni temi: immigrazione, lavoro, tasse, pensioni. Hanno sempre rifiutato. E ora la parola passa agli italiani. Non mi interessa più».
Dunque pensa che in assenza di una maggioranza definita si dovrebbe tornare al voto? «Io sono convinto che il 5 marzo gli italiani sapranno che ci sarà una maggioranza in grado di lavorare e governare e sarà di centrodestra, con una Lega forte. Non considero alcun’altra ipotesi».
Non dareste i vostri voti per un governo del presidente? Un governo di emergenza? «No, abbiamo già dato col governo Monti. Abbiamo già visto i governi dei presidenti all’opera e a che disastro hanno portato».
Ma Berlusconi delle rassicurazioni le ha fornite agli amici del Ppe, la settimana scorsa: governo europeista, rispetto del 3 per cento, niente pensione sotto i 67 anni.
«C’è un programma comune firmato e presentato agli italiani che prevede l’azzeramento della Fornero: la pensione a 67 anni è inaccettabile moralmente ed economicamente. E noi al governo la cancelliamo, non ci sono santi. Il 3 per cento è un numeretto che sarà rispettato se aiuta gli italiani, altrimenti si va oltre».
Come mai si è candidato al proporzionale e non in un collegio uninominale? Magari sfidando i leader avversari? «Non voglio prendere in giro nessuno. Sono un segretario di partito che ambisce a diventare premier. Farò campagna ovunque, candidato in 5 liste proporzionali dalla Lombardia alla Sicilia. Farò il giro d’Italia due volte in 30 giorni.
La sfida in un collegio non avrebbe avuto senso».
Contro Renzi e Padoan schierate i vostri economisti antieuro Bagnai e Borghi. Non proprio ostacoli insormontabili.
«Intanto chiedo la cortesia ai due principali protagonisti del disastro economico di fare un confronto con loro. Poi vediamo se sono avversari facili. Io mi metto in poltrona coi popcorn». Lei, invece, confronti niente? «A Renzi lo chiedo da anni, invano.
Sarei ben felice di farlo. Con Di Maio ci siamo trovati una sola volta in uno studio tv ed è scappato anzitempo pur di non incrociarmi».
La Repubblica.
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