Salvini e il contabile Quella cena romana che spaventa la Lega

Nelle carte dell’inchiesta Film Commission l’incontro di uno dei tre commercialisti con il leader. Le intercettazioni attraverso un trojan: “Faremo altre mille operazioni”
di Sandro De Riccardis
MILANO — È fine maggio quando ai piani più alti della Lega scatta l’allarme rosso. Intorno al tavolo di un ristorante romano, siedono Andrea Manzoni, uno dei commercialisti leghisti finito ai domiciliari due giorni fa, e gli uomini più importanti del partito. Ci sono il senatori Roberto Calderoli, anche lui di Bergamo, e Stefano Borghesi, commercialista come Manzoni ma anche socio di lui e di Alberto Di Rubba, l’ex presidente della Lombardia Film Comission arrestato due giorni fa. Ma soprattutto c’è lui, il segretario della Lega Matteo Salvini. Gli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza non possono sapere di cosa si è discusso in quella cena tra il 26 e il 27 maggio scorso. Ma in un’annotazione agli atti dell’inchiesta sulla compravendita dell’immobile di Cormano, registrano la preoccupazione tra gli indagati nei giorni precedenti alla cena. A inquietare i professionisti c’è la lettera di contestazione al direttore dell’agenzia Ubi di Seriate, Marco Ghilardi, storico amico di Di Rubba, inviata dai vertici dell’istituto di credito. Un provvedimento che precederà il licenziamento, dopo la scoperta di una serie di operazioni sospette eseguite dai due commercialisti che il funzionario non avrebbe segnalato a Bankitalia. Uno scenario che rischia di mettere in crisi l’intero sistema di finanziamento leghista e di cui devono essere informati i vertici del partito. Fino a Salvini.
La filiale di Seriate è uno snodo centrale nel vorticoso flusso di denaro leghista. Da un conto nella filiale bergamasca – hanno ricostruito il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi – partono nel dicembre 2017 gli 800 mila euro bonificati ad Andromeda, la società del commercialista Michele Scillieri (ai domiciliari) che aveva in pancia l’immobile di Cormano, individuato come futura sede della LFC. Ma soprattutto da quella filiale sono transitati negli anni circa due milioni di fondi leghisti finiti a Di Rubba e Manzoni. Nel suo interrogatorio lo stesso Ghilardi (non indagato) ha spiegato come i due commercialisti, soci di studio del tesoriere della Lega Giulio Centemero (non indagato), hanno pianificato di creare conti da intestare ad associazioni territoriali della Lega su cui far transitare i soldi del Carroccio. Un piano, rimasto incompiuto per l’opposizione della banca, che avrebbe blindato le casse del partito dalle pretese di risarcimento delle procure.
Incontri nella sede della Lega
CIRO L’idea di acquistare l’immobile di Cormano, racconta Manzoni ai pm, matura proprio nella sede della Lega. «Ho appreso del progetto da Di Rubba nel corso di alcune visite in via Bellerio» mette a verbale. Una circostanza confermata da Luca Sostegni, il prestanome dei commercialisti fermato a luglio prima della fuga in Brasile, che parla di una riunione con i tre. «Poi l’incontro è saltato – ricorda Sostegni – loro decisero di incontrarsi in un luogo meno rischioso, più appartato. Non in via Bellerio ma in una tavola calda nelle vicinanze». Incontri intercettati tramite un Trojan, il software che trasforma il cellulare in una microspia. Attivato nel cellulare di Scillieri, ha permesso di raccogliere informazioni fondamentali sugli indagati.
«È andata storta»
Il piano per «drenare 800 mila euro di risorse pubbliche» sembra perfetto. Ma le pretese economiche di Sostegni, che non si sente adeguatamente remunerato per l’operazione, fanno saltare il banco. «Quando all’inizio abbiamo fatto tutti i conti, nessuno ci perdeva – riflette Scillieri, intercettato, con Di Rubba e Manzoni – . La proprietaria prendeva la sua parte, quello lì (Sostegni, ndr. ) prendeva la sua; io prendevo la mia parte e voi prendevate.. È andata storta a un certo punto». Di fronte a un aumento delle spese Scillieri cerca di placare i malumori dei colleghi. «Ne faremo altre mille.. la prossima volta andrà bene, invece di 50 ne prendi 70..». Anche questi dialoghi convincono il gip Giulio Fanales che i tre leghisti possono «commettere delitti della stessa specie», considerando gli «incarichi di rilievo tuttora ricoperti negli organigrammi di numerose società ed enti».
I bonifici senza spiegazione
Per il giudice «l’accordo collusivo, siglato fin dall’origine dai tre indagati Di Rubba, Scillieri e Manzoni, è provato ». E non è stato smentito dalla difesa in procura, una settimana fa, di Manzoni. «Non ho incassato alcuna somma in relazione a quella compravendita ». aveva detto il commercialista. Giustificando i 178mila euro versati da Andromeda (di Scillieri) alla sua Sdc, come un pagamento per «un’operazione immobiliare di un terreno in alta Val Seriana». Per il gip si tratta di un racconto «non attendibile », per di più così «confuso da risultare radicalmente incomprensibile ». Invece, sancisce il magistrato, Manzoni «pur dilungandosi lungamente in merito a circostanze marginali, ha omesso ogni riferimento ai trasferimenti di denaro al suo conto personale e a quello dello Studio C.L.D., da lui amministrato, nonchè al bonifico disposto dallo Studio C.L.D. a vantaggio dello Studio Dea Consulting, partecipato da lui e amministrato da Di Rubba». Operazioni che i tre commercialisti potranno iniziare a chiarire da martedì, negli interrogatori di garanzia.
Per il gip “è provato l’accordo collusivo tra gli indagati, rischio di altri delitti”
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