Popolare Bari, l’allerta del Tesoro per la trasformazione in spa

Entro sabato il voto a distanza, Morrow Sodali contatta i grandi soci. Bankitalia e sindacati: l’unica alternativa è la liquidazione

Gianluca Paolucci

Al ministero dell’Economia, il dossier della Popolare di Bari è in mano al direttore generale Alessandro Rivera, che sta facendo la spola tra la vigilanza di Bankitalia e i palazzi della politica. La preoccupazione per i destini della Popolare di Bari in vista dell’assemblea che dovrà sancire la trasformazione della banca in spa, convocata per i prossimi 29 e 30 giugno ma il cui termine per il voto a distanza è sabato 27 giugno, è elevata. Non solo al Tesoro, per la rilevanza sia politica che finanziaria del caso. Ma anche in Bankitalia, nella consapevolezza che la liquidazione dell’istituto sarebbe di difficile gestione per il sistema.
Ma il problema è che ancora, malgrado le “moral suasion” arrivate da più parti, si teme un colpo di mano in assemblea con la bocciatura del progetto di trasformazione in spa, che non lascerebbe alternative alla liquidazione dell’istituto, come ha detto a chiare lettere il responsabile della sede barese di Bankitalia, Pietro Sambati. Colpo di mano magari reso più agevole dalla scarsa partecipazione all’assemblea e dal fatto che la politica locale sembra piuttosto fredda a posizionarsi di fronte a una prospettiva, la liquidazione della banca, che avrebbe ricadute non calcolabili sul territorio.
Per questo, i commissari dell’istituto hanno ingaggiato Morrow Sodali per dare informazioni agli azionisti. La società, leader mondiale per le informazioni di mercato, sta da giorni contattando i principali detentori di quote per sollecitare il voto favorevole.

E un richiamo alla responsabilità è arrivato anche dai sindacati, che hanno chiesto e ottenuto una revisione del piano con un numero di esuberi più basso rispetto a quanto annunciato in un primo tempo. «Mi auguro che tutti i soci della Popolare di Bari votino sì» alla trasformazione in spa, ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. «Col voto negativo – ha aggiunto – la banca verrebbe messa in liquidazione e sarebbero a rischio 2700 posti di lavoro».
Intanto, i nuovi soci Fondo interbancario e Mcc sono al lavoro sul dopo. I commissari Antonio Blandini ed Enrico Ajello dovrebbero restare fino a fine anno per garantire la transizione, mentre il primo passo sarà l’individuazione di un nuovo management, al quale i commissari stanno lavorando d’intesa con Fitd e Mcc. La prima casella da riempire è quella del direttore generale, che prenderà il posto di Alberto De Angelis il cui mandato è in scadenza. In uscita dovrebbe essere anche Cristiano Carrus, nominato direttore finanziaria a febbraio scorso ma la cui riconferma non è

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