Lorenzo Rosoli
Sappiate offrire progetti validi per l’edificazione di quel nuovo umanesimo in Cristo Gesù che fu tema di riflessione per la Chiesa italiana a Firenze nel 2015, in occasione del V Convegno ecclesiale». È l’«augurio cordiale» che il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha rivolto alla comunità della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, offrendo ieri la prolusione inaugurale del nuovo anno accademico nell’ateneo che «esattamente 50 anni fa avviò le lezioni del ciclo istituzionale». Un anniversario celebrato riflettendo sulla missione della teologia nella Chiesa e nella società d’oggi, e ricordando, con gratitudine, «il ruolo chiave che ebbe Paolo VI», nuovo santo, «nella fondazione di questo ateneo». La riconoscenza verso Giovanni Battista Montini ha fatto da filo conduttore anche agli interventi del suo quinto successore sulla cattedra di Ambrogio, Mario Delpini, gran cancelliere della Facoltà, di don Massimo Epis, preside della Facoltà teologica, e di don Alberto Cozzi, preside dell’Istituto superiore di scienze religiose di Milano. Un riferimento non formale e non esteriore, quello alla figura e al magistero di Paolo VI. Come ha ben mostrato la lectio del cardinale Parolin, intrecciando passi dell’insegnamento del Montini arcivescovo e del Montini pon II porporato, nell’ateneo che 50 anni fa avviava le lezioni del ciclo istituzionale, ha richiamato la «centralità cristologica» di Paolo VI tefice, e restituendo così quella «centralità cristologica di Paolo VI» nel cui orizzonte «la teologia deve sentirsi incoraggiata dalla consapevolezza che, nel proprio porsi al servizio del centro cristologico della fede della Chiesa, autenticamente è al servizio dell’umanità di tutti». «Nell’attuale nostro contesto culturale, dove il pluralismo connota pure l’offerta religiosa – aveva sottolineato poco prima il segretario di Stato – compito della teologia è e rimane quello di esplicitare le ragioni dell’interesse universale alla Persona di Gesù, mostrando le vie del suo riconoscimento e la rilevanza della fede in Lui per la società umana e i destini della storia». Parolin ha richiamato il cammino di riforma percorso dalla Chiesa «nell’ambito cruciale degli studi ecclesiastici» da Paolo VI, attraverso i suoi successori, fino alla costituzione apostolica Veritatis Gaudium di papa Francesco. Ed è nello scenario del «cambiamento d’epoca» additato da Bergoglio, che gli studi teologici sono chiamati non solo a superare il «divorzio dalla pastorale» e quella «dissociazione», già stigmatizzata da Paolo VI, rispetto alle scienze profane, ma a farsi promotori di un «nuovo umanesimo in Gesù Cristo». Il porporato ha rilanciato l’auspicio formulato in Veritatis Gaudium riguardo alla «necessità urgente di “fare rete” tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici». E ha richiamato le parole pronunciate nel 2015 a Firenze da Francesco: «Noi sappiamo che la migliore risposta alla conflittualità dell’essere umano del celebre homo homini lupus di Thomas Hobbes è l’Ecce Homo di Gesù che non recrimina, ma accoglie e, pagando di persona, salva». Alla Veritatis Gaud ium ha fatto riferimento anche il preside don Epis, richiamando tre priorità per la Facoltà: «L’apertura ai percorsi della ricerca teologica svolta in Europa; la collaborazione con altri atenei, anche non teologici, presenti sul territorio, in particolare con l’Università Cattolica; l’attivazione di laboratori culturali, come si sta progettando con l’Accademia di Brera». Ad aprire l’incontro era stato l’arcivescovo Delpini, ricordando come l’inaugurazione dell’anno accademico sia l’occasione per una presa di consapevolezza della missione e della responsabilità della Facoltà verso la Chiesa e la società. La Facoltà teologica, ha ripreso Delpini, non sia un’istituzione «rinchiusa nel suo chiostro» ma inserita nella Chiesa e aperta alla città.