Ma dov’è finita la giraffa?

La foto di Nardella

 

Quando in Italia ancora esistevano i partiti della cosiddetta prima repubblica, tante erano le metafore che si usavano per definirli. Una delle più famose se l’era inventata Palmiro Togliatti, definendo il suo Pci come una giraffa: un animale strano, ma esistente, com’era un partito comunista delle dimensioni di quello italiano nel mondo occidentale. Non solo strano, ma anche capace di vedere più lontano degli altri e dall’alto in basso, grazie al suo lungo collo. Come la storia ha poi dimostrato il Migliore non ci aveva granché indovinato, ma la metafora era efficace. Il lettore si domanderà dove chi scrive voglia andare a parare con queste righe introduttive: la ragione va trovata nella fotografia del sindaco di Firenze, Dario Nardella, su un balcone di Palazzo Vecchio insieme al candidato Pd alle primarie bolognesi, cioè Matteo Lepore. Supponiamo che il Pd (in qualche modo erede anche della giraffa togliattiana) abbia ancora la possibilità di allungare il collo per guardare dall’alto i due «balconanti»: cosa potrebbe capire del proprio stato di salute politica in Toscana, o più in generale in Italia? A Bologna si combatte una battaglia per la candidatura a sindaco apparentemente contraddittoria, in realtà assai significativa. Lepore rappresenta la rottura definitiva con il passato renziano, in una situazione diversa anche rispetto alle altre zone del Paese, per il significato che ha avuto la vittoria di Bonaccini nella sfida contro Matteo Salvini.

uccede però una cosa singolare: dall’interno della sinistra si oppone al candidato del Pd una donna di innegabile valore come Isabella Conti, sindaca di San Lazzaro, figura generalmente apprezzata, che rivendica la propria autonomia, ma che è comunque di Iv. Questioni dei bolognesi, si potrebbe dire, se non fosse che l’interpretazione più semplice e il sospetto diffuso fra quelli di Italia viva rimandano invece a un appoggio politico di Nardella a Lepore, con significati che rinviano ai contrasti con le correnti interne ai democratici e alla stessa prospettiva di alleanza con il M5s. La giraffa comincia a sentire un certo peso alla testa: ma Nardella, in divergenza con le scelte di Renzi, non era comunque rimasto legato all’area riformista interna al Pd? A parte questo, non era Nardella quel giovane dirigente che Renzi aveva voluto in ogni modo come suo erede alla guida di Palazzo Vecchio? Se è vero che l’attuale sindaco di Firenze è andato via via costruendosi una propria autonoma figura di amministratore, non altrettanto si può dire per quanto riguarda una personalità politica nazionale. Sembrerebbe allora che uno spazio politico diverso Nardella lo stia cercando ora, trovandolo, però, in un modo assai distante da una storia personale che abbiamo conosciuto in questi anni. Inoltre, le conseguenze per quanto riguarda la Toscana non sarebbero indifferenti, per il peso di ciò che resta del tempo di Renzi e della capacità di fare politica che all’ex-sindaco di Firenze non fa difetto anche nei momenti peggiori. Del resto, Nardella se ne era talmente fatto una ragione da volere nella propria giunta una rappresentante di Italia viva, anche se questo partito in Palazzo Vecchio non c’è. Allora perché dare l’impressione che ha dato la fotografia sul balcone (fotografie che di solito non portano bene)? E perché associare al tutto anche Eugenio Giani che di grane politiche è già pieno? La conseguenza di quello che abbiamo descritto è l’idea di una Toscana che, per quanto riguarda il Pd, appare confusa, difficilmente comprensibile, a rimorchio di quello che avviene altrove: quella stessa Toscana che nel passato della sinistra italiana aveva avuto momenti di notevole capacità e originalità di proposte. Magari, di qui a poco il sindaco di Firenze potrà mostrare una foto anche con Isabella Conti, ammesso che lei accetti, ma intanto chissà dove se ne sarà andata la gir affa…

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