I dimenticati del virus nelle banlieue di Parigi dove morire è più facile

di Tahar Ben Jelloun
Contando i suoi morti (22.856 ieri), la Francia si è accorta che una maggioranza viene dalle banlieue parigine, in particolare quelle del dipartimento 93, il Seine-Saint-Denis. Un medico ha stimato in un 63 per cento l’innalzamento della mortalità in questo territorio poco amato della capitale, mentre a Parigi città è solo del 32 per cento.
È una constatazione coerente con lo stato disastroso, conosciuto e riconosciuto, delle periferie urbane francesi. Quell’habitat insalubre e patogeno non favorisce il confinamento e il virus ha fatto strage all’interno delle famiglie. In questi territori sfavoriti, con famiglie numerose stipate in spazi ristretti, il confinamento è ovviamente complicato, per non dire impossibile.
Nel dipartimento 93, il più povero di Francia, il direttore sanitario ammette che ci sono «meno medici e meno letti di rianimazione» rispetto ad altre regioni della Francia. Ci sono tre volte meno letti di rianimazione che nel dipartimento degli Hauts-de-Seine, il più ricco di Francia, a ovest di Parigi. Questa disuguaglianza si è tradotta in un numero di vittime superiore al resto del Paese. Va detto che gli abitanti sono più esposti di altri, quando proseguono la loro attività: sono operai, cassiere, donne delle pulizie, netturbini, aiuti infermieri ecc.
La crisi sanitaria non ha fatto che accrescere le disuguaglianze e la precarietà che caratterizzano questi quartieri abbandonati dalla Repubblica, malgrado discorsi e promesse che non si sono mai concretizzati.
Nel 2005, quando Nicolas Sarkozy era ministro dell’Interno, quelle stesse banlieue (Aulnay- sous-Bois, Villeneuve-la-Garenne, Gennevilliers, Évry) si erano rivoltate. La polizia aveva fatto molta fatica a ristabilire l’ordine, gli scontri erano durati più di tre settimane. Oggi, le frustrazioni e un sentimento di ingiustizia crescente hanno spinto di nuovo i giovani a scendere in strada per manifestare la loro collera. Gli scontri fra questi ragazzi e le forze dell’ordine sono stati violenti. Tutto è iniziato sabato 18 aprile, con incendi di automobili e assalti contro beni pubblici. In un quartiere di Gennevilliers, una scuola ha rischiato di essere interamente bruciata.
Animati da un odio verso la polizia, questi giovani reagiscono violentemente perché hanno perso un padre o un nonno senza poterlo seppellire. Si sono resi conto presto che la loro situazione li esponeva maggiormente al contagio. Impossibilitati a confinarsi come si deve, scendono in strada per reclamare giustizia.
Alcuni hanno lanciato oggetti contundenti contro gli agenti di polizia, che hanno replicato con lacrimogeni e arresti. Circolano dei video che denunciano la violenza della polizia. La situazione sarebbe la stessa del 2005, se non fosse aggravata dal Covid 19 e dalla mancanza di strumenti della Francia per fare fronte a questa tragedia.
C’è stato un incidente con un motociclista che è andato a sbattere contro una macchina della polizia. Le reazioni da una parte e dall’altra sono state eccessive e la tensione è salita progressivamente. Gli abitanti di queste banlieue vivono già il dopo-crisi sanitaria, ritrovandosi senza lavoro e senza prospettive di trovarlo.
Le banlieue sono i territori malati della Francia. Nessun Governo è riuscito a trovare delle soluzioni serie e concrete a questo degrado in cui vive una parte della popolazione francese. Il 7 aprile Emmanuel Macron è andato nel 93 per rassicurare gli abitanti, ma non è servito a nulla perché le famiglie hanno difficoltà a far ricoverare le persone malate. Senza mascherina, il presidente ha esortato la folla che veniva verso di lui a rientrare in casa e non uscirne. Ha ignorato le condizioni di vita di questa popolazione povera, poco amata, malvista e anche mal curata.
Molti hanno trovato indecente questa visita. Non si viene in un territorio ferito, con ospedali privi di mezzi, tra una popolazione dove la disoccupazione raggiunge vette del 30 per cento, a fare la lezione su come evitare il virus.
La crisi del Covid 19 non soltanto ha messo a nudo le incapacità, le inadeguatezze e la mancanza di lungimiranza della Francia, ma ha messo il dito sulla parte vergognosa di un Paese che da molto tempo ha deciso di abbandonare a loro stesse le popolazioni delle banlieue. L’epidemia ha amplificato le disuguaglianze territoriali e sociali.
Oggi la collera si esprime tra la paura e il lutto. Non è detto che presto o tardi queste popolazioni considerate di seconda classe, composte in larga maggioranza di immigrati e figli di immigrati venuti dal Maghreb e dall’Africa, non finiscano per insorgere con una violenza che non avrà nulla a che vedere con quella del 2005.
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