L’inflazione s’infiamma e brucia redditi e salari

C’era una volta la «crescita». O meglio, la promessa che un mero rimbalzo tecnico del Prodotto Interno Lordo (Pil) (+6,5% nel 2021 dopo il crollo dell’8,9% nel 2020) avrebbe riportato il sereno nel cielo delle società pandemiche. Al resto avrebbe pensato il «Piano di ripresa e resilienza» (Pnrr), il totem attorno al quale la «politica senza formule politiche», il draghismo, ha iniziato a danzare sperando di fare piovere nel deserto.

IL BOOM dell’inflazione ha fatto emergere un’altra realtà, sintomo del secondo tempo della crisi innescata dalla pandemia. Non passa giorno in cui si misura il prezzo delle illusioni passate e la materialità di una crisi presente nata dall’inceppamento delle catene del valore mondiale, dagli aumenti record delle materie prime (+1.692% per il gas naturale, +218% per il Brent, +152% per il carbone, +89% per il rame o +85% per l’alluminio), dai tagli alla produzione del petrolio greggio da parte dei paesi OPEC+ e condizionata dai venti di guerra tra Russia e Ucraina. Tutte le più recenti stime del Pil parlano di un «rallentamento» della crescita nel 2022. Per la Bce «gli incrementi dei prezzi sono diventati più diffusi, a fronte dei marcati rincari di numerosi beni e servizi». L’inflazione si «raffredderà» solo dal 2023.

L’ISTAT ha confermato ieri la stima: l’inflazione sarà a +4,8% nel 2022, il massimo dall’aprile 1996 quando la ricchezza nazionale era ben diversa, e superiore, rispetto a quella attuale. La fiammata inflazionistica dipende dall’aumento dei prezzi dei Beni energetici (la cui crescita passa da +29,1% di dicembre a +38,6%), in particolare a quelli della componente regolamentata (da +41,9% a +94,6%), e in misura minore ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +22,0% a +22,9%), dei Beni alimentari non lavorati (da +3,6% a +5,3%).

AUMENTO dell’inflazione significa che chi paga più di tutti sono le famiglie, quelle a reddito più basso. E poi erosione più accentuata dei salari, già al palo e tra i più bassi dei paesi Ocse. L’Unione Nazionale Consumatori ha rifatto i calcoli. Per una coppia con due figli prospetta un aumento del costo della vita di 1.711 euro su base annua (844 solo per abitazione, acqua ed elettricità, 421 euro per i trasporti, 270 per mangiare e bere); per una coppia con un figlio, la maggior spesa annua è 1.609 euro (846 per l’abitazione, 367 per i trasporti, 242 per mangiare); in media per una famiglia il rialzo complessivo è di 1.387 euro (794 per l’abitazione, 270 per i trasporti, 201 per il cibo e le bevande). Per le coppie senza figli con meno di 35 anni: 1.789 euro, mille per la sola abitazione.

IL GOVERNO vittima della sua formula impolitica, e dei veti incrociati della maggioranza Frankenstein in campagna elettorale permanente, si è mosso tardi e male. Alla fine la scelta è stata fatta: puntare sulle energie fossili e sulla ripresa delle trivellazioni a terra e in mare. «Il paese non ha bisogno di soluzioni tampone, scellerate e insensate – sostengono Greenpeace, Legambiente e Wwf – Il gas fossile è un combustibile che minaccia il clima e da cui dipendiamo in modo pericoloso, come dimostra il prezzo attuale delle bollette. L’Italia importa il 94% del gas naturale che utilizza e ciò porta ad un’eccessiva dipendenza dal contesto internazionale e una conseguente vulnerabilità non mitigabile con eventuali nuove estrazioni dalle irrisorie riserve nazionali. Ci costeranno almeno 30 miliardi di euro, che verranno sottratti alle energie rinnovabili, unica vera soluzione al cambiamento climatico».

I SINDACATI parlano di «politiche dei redditi» e «dei salari» in uno scenario che conferma vecchie e nuove spaccature. «Le misure predisposte dal governo sono positive, ma rischiano di essere insufficienti se non si interviene strutturalmente sulle cause – ha detto ieri Luigi Sbarra (Cisl), favorevole all’aumento della produzione di gas, in polemica con gli ambientalisti. Bombardieri della Uil ha invece ricordato che, contro il governo, e con la Cgil, il 16 dicembre c’è stato uno sciopero generale per l’aumento dei salari e contro una riforma fiscale che ha rimodulato le aliquote Irpef penalizzando i redditi bassi ed escluso gli incapienti. Un tentativo, per di più inutile, bruciato dalla crisi.

 

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