IL CENTRODESTRA E L’EUROPA COSTRETTI A INTENDERSI.

 

La Nota
Il riavvicinamento del centrodestra italiano alla Commissione europea è in pieno svolgimento. E viceversa. I due giorni di pellegrinaggio di Silvio Berlusconi a Bruxelles sono premiati da un’apertura di credito, almeno a livello ufficiale, inedita e quasi totale. Il capo di Forza Italia deve accreditarsi presso i propri elettori come il principale interlocutore europeista delle istituzioni continentali: per ridimensionare la Lega e ipotecare una candidatura alleata a Palazzo Chigi. E l’Unione Europea, dopo Brexit e le vampate xenofobe in alcune nazioni, non può che rivalutare Berlusconi. Lo scontro che portò alle dimissioni da premier nel 2011 sembra lontano.
È significativa l’irritazione del Movimento 5 Stelle, che intima al presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, di «rimanere neutrale» nelle elezioni italiane: quasi intuisse che i colloqui potrebbero mettere in mora i seguaci di Beppe Grillo; e rispolvera l’attacco a Berlusconi «zimbello d’Europa». Ma sebbene l’incontro si sia svolto al Parlamento, come omaggio a un rapporto che riparte ma non è ancora bene oliato, conta la ripresa dei contatti. Pesa una diplomatica convergenza di vedute sui vincoli di spesa; e la buona volontà del centrodestra di rispettarli, se torna al governo, dimenticando quello che Berlusconi continua a chiamare «il colpo di Stato» di sette anni fa.

Perfino il leghista Luca Zaia saluta «il ritorno di Berlusconi in Europa». E il governatore uscente della Lombardia, Roberto Maroni, sostiene che la Lega è «per un’Europa diversa, non contro l’Europa». Il fatto è che oggi ne esiste una differente da quella del 2011: più complessa, meno sicura di sé, e più spaventata dall’estremismo populista. Sono tutti elementi che spingono verso una tregua, se non un’alleanza di fatto, tra le forze tradizionali. Lo sforzo che FI ha fatto col presidente del parlamento Ue, Antonio Tajani, per riconciliare Berlusconi e la cancelliera Angela Merkel, è vistoso.

L’incontro col negoziatore dell’Ue su Brexit, il francese Michel Barnier, arricchisce il bilancio di un blitz compiuto per rassicurare. Lo sforzo di spargere sulla visita una patina di normalità è figlio delle tensioni passate. Per Juncker il colloquio «non ha nulla del complotto». C’è solo un ex premier italiano, ancora «attivo in politica», che chiede udienza. Il risultato è l’omaggio del leader di FI a un governo di grande coalizione tedesco in incubazione da mesi; e alla cancelliera «autorevole». D’altronde, il Ppe sottolinea col segretario Antonio Lopez «un appoggio chiarissimo» al centrodestra.

Benedire la Grosse Koalition a Berlino e ricevere il «nulla osta» della Commissione Ue significa, per il capo di FI, potere agire con maggiori margini di manovra in Italia. Se anche in Germania i numeri obbligano ad allearsi partiti agli antipodi, è verosimile che lo stesso possa accadere da noi. L’unica, vera incognita è se la somma dei voti e dei seggi del centrodestra e del Pd basteranno a formare un governo. E, perfino in quel caso, se un eventuale compromesso col centrosinistra non provocherà una spaccatura nel Pd, e tra FI e Lega. Si vedrà. Per ora, a Berlusconi basta avere spezzato l’isolamento e mostrarsi al centro dei giochi.

 

Corriere della Sera.

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