La serie di grande successo in onda su Netlix ha portato molte persone a scoprire il mondo delle 64 caselle, e taluni a chiedersi se quella di Beth Harmon fosse una storia reale o quanto meno verosimile. Gli scacchi sono da sempre un gioco prettamente maschile, per ragioni culturali e sociali e, pur conquistando crescente popolarità nel genere femminile, nessuna donna si era mai avvicinata al vertice delle classifiche mondiali. Almeno fino a quando uno psicologo ungherese, László Polgár, decise di porre in atto un clamoroso quanto discutibile esperimento.

Costruire un genio

Il giovane László Polgár negli anni ’60 era un brillante studente di psicologia il cui interesse per la mente umana andava ben oltre i suoi studi universitari. Passava giornate intere immerso nella lettura delle biografie dei grandi pensatori della storia, cercando di trovare un filo comune che legasse quelle menti eccezionali. Dopo aver esaminato minuziosamente la vita di centinaia di intellettuali di ogni epoca, constatò che tutti loro avevano iniziato ad alimentare il loro talento giovanissimi e si erano applicati con dedizione allo studio. Polgár iniziò a maturare la convinzione che qualsiasi bambino, purchè sano, fosse un genio potenziale, in grado di diventare una eccellenza in un determinato settore se preparato adeguatamente. Ma László Polgár non era interessato esclusivamente alla teoria, e decise di portare avanti in prima persona quello che poi diventerà il “suo” esperimento.

Certo, per farlo serviva una moglie che condividesse la sua idea. L’occasione si presentò nel 1965, quando la madre di László gli presentò la figlia di un’amica emigrata in Ucraina, una mite insegnante di nome Klara. Dopo essersi conosciuti a Budapest, tra i due cominciò un rapporto epistolare dove Polgár espose le sue tesi e i due si trovarono d’accordo sulla pessima situazione della scuola e dell’educazione tradizionale. Per la coppia, in quel momento amici di penna, era chiaro come il sistema scolastico fosse in grado di produrre esclusivamente “masse di grigi individui”, per usare una espressione dello stesso László. Qualche anno dopo decisero di sposarsi, Klara si trasferì a Budapest e nell’aprile del 1969 nacque Zsuzsa, negli anni inglesizzato in Susan, e l’esperimento ebbe inizio.

Susan e Sofia

I neogenitori ebbero intense discussioni su quali fossero le materie in cui fare eccellere i propri figli, presero in considerazione la matematica e le lingue straniere, ma alla fine la scelta cadde sugli scacchi. Era il periodo della guerra fredda, ed il dominio sovietico nel mondo degli scacchi veniva messo per la prima volta in dubbio dal giovane ed eccentrico americano Bobby Fischer. Il gioco era diventato improvvisamente popolare in tutto il mondo. Secondo László e Klara poi gli scacchi avevano un innegabile vantaggio, erano facilmente misurabili. Un sistema di punteggio universale poteva, e può ancora oggi, misurare esattamente il valore del singolo giocatore rispetto al resto del mondo. I Polgár decisero così che la loro figlia sarebbe diventata una campionessa di scacchi. Nel 1973 László iniziò ad insegnare a Susan le regole principali ed impose poi un rigido programma di studi. Dopo soli 8 mesi di allenamenti, una bimba di poco più di 4 anni varcò le porte del più famoso club scacchistico di Budapest e, tra la sorpresa generale e l’aiuto di qualche cuscino sulle sedie, iniziò a vincere una partita dietro l’altra.

Qualche mese dopo partecipò al campionato regionale Under 11, e vinse tutte le partite ed il torneo. A quel tempo i Polgar portarono avanti una dura battaglia con il governo ungherese, al fine di evitare il sistema scolastico obbligatorio. La loro intenzione di educare i figli da casa non era ben vista dal regime comunista, e più di una volta László si barricò in casa per evitare l’intervento della polizia. Solo i successi della giovanissima Susan, uniti ad una costante opera di persuasione nei confronti del Ministero dell’Educazione, permisero ai Polgár di continuare con il loro esperimento all’interno della loro famiglia, che nel 1974 si allargò con la nascita di Zsofia (Sofia). All’età di 6 anni Susan era in grado di leggere, scrivere ed eseguire semplici problemi matematici. La casa dei Polgár, un piccolo appartamento nel centro di Budapest, era però diventato un vero e proprio santuario degli scacchi. Migliaia di manuali di tattica e strategia, scaffali che iniziavano a riempirsi di trofei, scacchiere ovunque e addirittura un enorme schedario contenente caratteristiche e partite giocate di un numero sempre crescente di potenziali avversari.

Oggi come allora l’ambiente scacchistico era molto prossimo alla misoginia, poche le donne che giocavano ad alti livelli, e pochissima la considerazione che godevano anche a livello “politico”. Pur non essendoci divieti specifici una ragazza non era molto ben accetta in un torneo “maschile”, ancora oggi è previsto il titolo di Grande Maestro Femminile, che richiede requisiti semplificati rispetto al tradizionale Grande Maestro che certifica invece l’eccellenza assoluta. Ebbene, nel 1986 Susan fu la prima donna al mondo a diventare Grande Maestro e a qualificarsi per il campionato del mondo, da sempre dominato da soli uomini, e a cui le fu comunque impedito di parteciparvi. La sorella Sofia divenne invece “solamente” Maestro Internazionale, un gradino sotto il GM ma sempre un altissimo riconoscimento. Ma fu con l’avvento di Judit, la terza sorella Polgár nata nel 1976, che le cose iniziarono a cambiare davvero ed il predominio maschile fu messo in seria discussione.

La fenomenale Judit

Circondata da una famiglia ossessionata dagli scacchi e con due sorelle che già eccellevano nel gioco, Judit da subito dimostra una incredibile curiosità e voglia di imparare. Poco dopo aver appreso le regole di base la giovanissima Judit era già in grado di risolvere complessi problemi scacchistici. Si narra che una sera la sorella Susan, appena dodicenne, non trovando la soluzione ad un problema mentre studiava con un maestro internazionale, avesse deciso di svegliare Judit che, pur non avendo ancora compiuto 5, riuscì a risolvere velocemente il problema ancora intontita dal risveglio, per poi tornare a dormire. Secondo il padre László, la più giovane delle Polgár non era quella dotata di maggiore talento, ma forse proprio per questo si dedicò in maniera ossessiva allo studio.

A 5 anni riuscì a battere un amico di famiglia, buon giocatore, dando le spalle alla scacchiera. Iniziò a giocare in tornei ufficiali all’età di 6 anni. A 7 anni riuscì, bendata, a battere un Maestro del club scacchistico di Budapest, lamentandosi anche del fatto che l’uomo era troppo lento nelle sue mosse. A 9 anni Judit primeggiò nel suo primo torneo negli Stati Uniti, il New York Open, vincendo 7 incontri su 8 e pareggiando l’ultimo. A 12 anni divenne Maestro Internazionale, la più giovane di sempre. Per intenderci, Bobby Fischer e Garry Kasparov, due leggende delle 64 caselle, conquistarono questo titolo a 14 anni. Per la prima volta si parla di Judit Polgar come la prima donna ad avere la seria possibilità di diventare Campione del Mondo assoluto. A dodici anni aveva raggiunto un punteggio ELO (il sistema di ranking internazionale) di 2555, ovvero la posizione numero 55 del mondo, più in alto dell’allora campionessa del mondo femminile Maia Chiburdanidze. Judit giocava malvolentieri nei tornei riservati alle donne, e solo quando vi era costretta. Ma era estremamente delusa dal basso livello di competizione che trovava. Voleva testare il suo gioco con i migliori e questo voleva dire competere con i maschi, che da sempre dominavano il mondo scacchistico.

In generale il successo di Judit e delle altre sorelle Polgár non veniva visto benissimo. Una volta Susan affermò di “non aver mai vinto contro un uomo sano. Dopo la partita tutti avevano una scusa, che fosse la febbre o il forte mal di testa.” Nonostante i successi delle giovani sorelle, campioni come Kasparov continuavano ad affermare che

Per la loro natura le donne non potranno mai essere grandi giocatori di sacchi.

Certamente a giocatori professionisti affermati non faceva piacere essere completamente annichilati da una graziosa bimba dai capelli rossi come Judit, capace di fissare negli occhi avversari di 20-30 anni più grandi con una espressione da killer. Nel 1990 partecipa insieme alle sorelle alle Olimpiadi di Scacchi femminili, stravincendo, e da allora non parteciperà mai più a tornei riservati alle donne. Nel 1991, solo qualche mese dopo sua sorella Susan, anche Judit è diventata Grande Maestro, anche in questo caso la più giovane di sempre: a 15 anni e 5 mesi.

L’incidente di Linares e la scalata alle classifiche mondiali

Da quel momento la carriera di Judit prende il volo, e inizia a distanziarsi da quella delle sorelle. La più giovane delle Polgár passa da un grande torneo all’altro, girando il mondo e ottenendo buoni successi considerando sempre la sua giovane età ed il fatto che affronta campioni ben più navigati di lei. Nel 1993 batte l’ex campione del mondo Boris Spassky in una esibizione, mentre l’anno seguente viene invitata in uno dei più prestigiosi tornei del mondo, a Linares, per confrontarsi con i migliori giocatori. In questa occasione si consuma quello che poi verrà definito “l’incidente”. Al quinto turno, quando Judit viene da discrete prestazioni nelle 4 partite precedenti con una vittoria una sconfitta e due pareggi, a sedersi di fronte a lei è il campione del mondo Garry Kasparov. Alla trentaseiesima mossa Kasparov nel muovere il suo cavallo cambia idea all’ultimo e poggia il pezzo prima su una casella e poi su un’altra. Secondo le regole degli scacchi una volta che il pezzo viene appoggiato staccando la mano, non è più possibile modificare la mossa.

Polgar, un po’ per timore reverenziale, un po’ perché era alla sua prima partecipazione al super torneo e temeva di non essere invitata di nuovo in futuro, non fece un reclamo diretto pur fissando insistentemente l’arbitro e finì con il perdere la partita. La scena venne ripresa dalla tv spagnola e il filmato mostrò chiaramente che Kasparov fece una mossa irregolare. Il risultato non venne comunque cambiato in quanto all’epoca in nessuno sport un video poteva in qualche modo influire sul giudizio dell’arbitro. Il giorno dopo l’incontro, in albergo, Judit si confrontò a viso aperto con Kasparov, al che il campione del mondo, sostenendo di avere mosso in buona fede e di non essersi accorto dell’errore formale, rispose

Una ragazza della tua età dovrebbe imparare prima la buona educazione e poi gli scacchi.

A seguito di questo incidente Kasparov non parlò alla Polgar per 3 anni. L’ascesa di Judit ai vertici delle classifiche mondiali continuò in maniera costante. Nel febbraio 1997 partecipò nuovamente al super torneo di Linares, dove giocò contro altri 11 grandi maestri, tutti nella top 20 del ranking, finendo al quinto posto, un risultato eccezionale considerando la forza degli avversari. Nel 1998 sconfigge in un incontro Rapido (30 minuti per finire la partita) e quindi non ufficiale, il campione del mondo Anatoly Karpov, che aveva riconquistato il match per l’abbandono del titolo da parte di Kasparov, dovuto a dissidi con la federazione internazionale di scacchi. Nel settembre 2002, in una sfida tra Russia e Resto del mondo, anche in questo caso con regole Rapide, Judit Polgár riesce finalmente a battere Garry Kasparov, facendo di nuovo la storia in quanto per la prima volta una donna riusciva a battere il numero uno del mondo. Nel 2004 Judit prende una pausa dagli scacchi per la nascita del suo primogenito Oliver, ma torna dopo pochissimo tempo a giocare ad altissimo livello e nel 2005 raggiunge i 2735 punti ELO, collocandosi all’ottavo posto nella classifica mondiale. Nel 2005 diventa la prima donna a giocare per il campionato del mondo, un torneo a otto giocatori organizzato dalla federazione internazionale per porre fine alle polemiche e alle controversie seguite dal ritiro dall’agonismo di Kasparov. In questa occasione però Judit non brilla e finisce ottava con una performance piuttosto deludente.

Nel 2006 dà alla luce la seconda figlia Hanna e sono in molti a pensare che questo le impedirà di avere il tempo necessario per aspirare al vertice del mondo scacchistico. In realtà anche questa volta Judit torna piuttosto velocemente alle competizioni, ottenendo buoni successi e tornando nei Top 50 del mondo nel 2011, con un punteggio Elo di 2710 al trentacinquesimo posto. Ma per stessa ammissione della stessa Polgár, sono le sue priorità ad essere cambiate, giocare un campionato del mondo diventa una cosa banale in confronto al lavoro continuo e costante di madre di due figli. Il talento è sempre quello ma il tempo richiesto dalla preparazione e dallo studio per continuare a giocare con i migliori giocatori del mondo è sempre meno. Nel 2014 all’età di 38 anni, Judit Polgár si ritira definitivamente dal mondo degli scacchi agonistici, continuando a rimanere nell’ambiente come scrittrice di libri ed organizzatrice di tornei. Se ad oggi vi sono dei dubbi su chi sia stato il miglior scacchista di tutti i tempi, è innegabile che lei sia stata la miglior giocatrice di sempre, con grandissimo distacco su tutte le altre candidate.

Un esperimento riuscito

Nessuna delle tre sorelle è riuscita a raggiungere l’obiettivo più alto imposto dal padre, quello di diventare campione del mondo, ma tutte sono state formidabili giocatrici, e più di ogni altra cosa persone equilibrate e di successo. Susan e Judit sono scrittrici e coach di grande fama, mentre Sofia si è dedicata alla carriera artistica ed è una pittrice apprezzata. Il folle e decisamente poco etico esperimento dei Polgár merita comunque qualche riflessione aggiuntiva. Se il tentativo di creare bambini “miracolosi” è difficilmente interpretabile, le implicazioni sul mondo degli scacchi sono state importanti. Le sorelle hanno dato un contributo fondamentale nella lotta contro una diffusa misoginia all’interno dei circoli scacchistici mondiali, indicando la strada a molte giovani ragazze che da allora hanno ricominciato a frequentare i tornei. La stessa Federazione Internazionale ha dovuto cambiare i regolamenti, e oggi non vi è alcuna barriera, almeno formale, al raggiungimento dei vertici mondiali da parte delle migliori giocatrici. Certamente l’entusiasmo di László Polgár, il quale sostiene che se il suo metodo venisse applicato a materie di più alto impatto, come la fisica o la medicina, ora saremmo in grado di avere tecnologie migliori o di curare malattie mortali, non è del tutto condivisibile. Ma possiamo dare atto a questa famiglia di aver fornito la prova empirica, seppure non definitiva, che le persone geniali non siano esclusivamente frutto di colpi di fortuna biologici, ma di tanto impegno, durissimo lavoro e un pizzico di follia.

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