L’ex direttore generale Tosi: il personale ridotto manderebbe in crisi i reparti dell’urgenza.

 

G.G.

 

«Se i tagli sono lineari, senza tener conto delle esigenze dei diversi ospedali e attività, si può mettere in dubbio la sicurezza delle cure. Se invece sono ben organizzati potrebbe anche non succedere nulla». Pierluigi Tosi è consigliere dell’ordine dei medici di Firenze ed è stato direttore generale delle Scotte di Siena e direttore sanitario dell’Asl fiorentina. E spiega i rischi della legge che impone alle Regioni di tagliare entro il 2020 la spesa del personale di sanità.

La Toscana deve tagliare 45 milioni di euro in tre anni sul personale sanitario. È preoccupato?

«Nella norma si parla di pubblici dipendenti. In via teorica se a Firenze lasciassi un solo ospedale pubblico e dessi il resto della sanità in mano ai privati convenzionati, rientrerei nei parametri perché avrei pochissimi dipendenti pubblici. Ovvio, sarebbe controproducente rispetto a una logica di sistema sanitario pubblico».

Ad essere penalizzate saranno quindi le Regioni che puntano sul pubblico?

«Sì, proprio per questo è una norma sbagliata: non può essere applicata in maniera omogenea a tutte le Regioni».

Dove si rischia un peggioramento della qualità delle cure?

«Con meno personale i reparti che lavorano per l’urgenza (pronto soccorso, ortopedia, chirurgia urgente, ndr ) possono andare in sofferenza».

Ci sono anche reparti in cui di notte sono di turno, da soli, medici alle prime armi. Il rischio di errore sale.

«È vero, l’età media dei medici ospedalieri è molto alta, 54 anni. Non c’è stato ricambio. E chi non è giovane ha più difficoltà a fare turni notturni».

Non c’è una via d’uscita?

«Bisogna attivare dei meccanismi in base ai quali il personale dipendente cala, con appalti gestiti all’esterno: pulizie, lavaggio lenzuola, sterilizzazioni… Tutte cose che non creano drammi al sistema sanitario pubblico».

Può bastare?

«No. Ma le riforme nazionali indicano che dobbiamo andare verso la riduzione di attività negli ospedali minori e che, ad esempio, un chirurgo per essere accreditato deve fare un numero minimo di interventi. Serve un riassetto generale, riducendo anche il personale dove è inefficiente e potenziarlo dove ce n’è bisogno. E concentrando» .

Quindi il rimedio esiste?

«Non è così semplice. Per una riorganizzazione così complessa serve un investimento iniziale per poi andare a regime. Se non possiamo investire ci troviamo in grossa difficoltà».

Può fare un esempio?

«Tanti medici ospedalieri andranno in pensione entro il 2025. Prendiamo un reparto con 5 chirurghi. Non li posso sostituire con 5 giovani senza che i nuovi facciano un po’ di esperienza assieme a chi sta andando in pensione. Ma a farli lavorare per un certo periodo tutti assieme la spesa aumenta. Per questo la norma nazionale è troppo rigida, specie per le Regioni, come la Toscana, che sui conti sono virtuose».

 

Fonte: Corriere fiorentino, corrierefiorentino.corriere.it/