Federico Gelli “Pronto a candidarmi per la segreteria me lo chiedono i delusi del Pd”.

Intervista di massimo Vanni
Pd, la frittata è servita. Adesso i candidati segretari sono due. L’ex parlamentare Federico Gelli è in campo, pronto a candidarsi alla segreteria toscana del partito. Il bello è che la pattuglia renziana guidata da Luca Lotti aveva rinviato il lancio ufficiale del sindaco di San Casciano Massimiliano Pescini nella speranza di poter dirottare i progetti di Gelli. Ma l’ex deputato renziano che ha rotto con Renzi dopo il gran rifiuto a correre per il Comune di Pisa manda tutto all’aria. E si dice pronto a correre alle primarie. Contro Pescini.
Gelli, perché pensa a candidarsi a segretario?
«Perché sono tante le persone, dentro e fuori le istituzioni, impegnati a vario livello nel partito, che mi hanno cercato per suggerirmelo. Persone deluse o che dal partito sono state allontanate. Non ho mai pensato a una candidatura come a una decisione personale. Si tratta infatti di un progetto ampio, corale di cui voglio far parte».
Come si è convinto? A Pisa non ha voluto candidarsi.
«Non sono un uomo per tutte le stagioni e per tutte le scadenze elettorali. Mi sono candidato quando l’ho ritenuto opportuno, in altre occasioni è stato più sensato rimanere fermo. Non ci si deve candidare a tutti i costi.
Quando non ci sono le condizioni politiche e personali, è bene fermarsi. E se ora penso a candidarmi, è perché sento che ci sono le condizioni, che non riguardano me o le mie ambizioni».
Renzi le ha fatto pagare il suo rifiuto di candidarsi a Pisa escludendola dal parlamento.
Lei ora gli si mette contro?
«Non sono in contrapposizione con nessuno. Tantomeno con i nomi ipotizzati per la segreteria.
Sono tutte persone che tra l’altro stimo profondamente».
È pronto a misurarsi alle primarie contro Pescini?
«Per poter scegliere in via definitiva le mie riserve, e quindi partecipare alle primarie, ho intenzione di convocare per i primi di settembre tutte le persone che mi hanno sostenuto e cercato in una assemblea pubblica a Firenze. Ovviamente potranno partecipare tutti i dirigenti del Pd e coloro che vorranno dare un contributo».
Che cosa dirà a tutti loro?
«Che la mia candidatura non ha sponsor se non le tante persone, spesso semplici iscritti, che l’hanno sollecitata dai vari territori della Toscana. Non si candiderebbe tanto Federico Gelli quanto un “noi” fatto di passioni, desideri, idee. Metto in campo la mia esperienza politica, di amministratore e di medico, per un congresso che superi le divisioni sterili dei gruppi dirigenti. Abbiamo troppi iscritti che non si riconoscono più nel modo di fare politica di oggi».
Non verrà a dirci che crede ad un congresso unitario.
«E perché no? Vorrei che si ragionasse come una comunità che discute, dice la sua e si arriva a qualche conclusione. Senza appartenenze rigide, correnti, etichette. È riduttivo e sbagliato ragionare su chi è renziano, chi non lo è, chi è renziano deluso o ha altri riferimenti. Francamente m’interessa solo ricostruire una comunità in cui ognuno c’è con la sua persona, capace di guardare anche all’esperienza di tanti amici e compagni della sinistra».
Che partito s’immagina?
«Un partito che riesca a tornare a essere comunità. Che sia presente nel mondo del lavoro, della sanità, del volontariato, nelle città e nei quartieri, soprattutto quelli periferici, dove più forte è la rabbia, e che non si faccia vivo solo alle scadenze elettorali. Un partito che sappia ascoltare, abbandonando ogni autoreferenzialità e favorendo la partecipazione. Troppi sindaci ci chiedono di ascoltarli. Noi dobbiamo aiutarli a risolvere i loro problemi. Si deve ripartire riprendendo la storia del Pd in Toscana, che ha sempre cercato di innovare e modernizzare».
Ma come pensa di ridare vita al Pd toscano? Non crede che anche chi vota ancora Pd sia stanco di tutti i giochetti?
«Molti, anche in Toscana, hanno votato Salvini. Non tanto perché contestino ciò che abbiamo fatto ma perché è venuto meno il senso di appartenenza e di futuro. E il congresso toscano sarà il primo passo per tornare ad essere più vicini alla gente».
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/