I VESCOVI AL FRONTE

Una sfida politica

Per don Paolo Tofani, parroco di Agliana, con il decreto sicurezza di Salvini Gesù sarebbe morto mentre per don Armando Zappolini, prete pisano, il Bambinello sarebbe finito nella spazzatura. Come uno scarto, un rifiuto. Dai presepi e dai pulpiti nel giorno di Natale si è levato un vero e proprio j’accuse contro la politica del governo gialloverde nei confronti dei migranti. Nel mirino soprattutto il ministro Matteo Salvini, che del rifiuto dei migranti ha fatto il suo presepe politico.

Provocazioni natalizie di preti in cerca di visibilità? La questione ci pare più complessa. In realtà il Natale ha riproposto anche a Firenze e in Toscana il tema annoso del rapporto tra Chiesa e politica. La febbre dello scontro, alimentato anche dall’aumento dell’Ires sulle associazioni del no profit, ha raggiunto livelli che erano molti anni che non si registravano così forti. Forse dal referendum del 2005 sulla procreazione assistita quando l’allora presidente dei vescovi Camillo Ruini diede l’indicazione ai cattolici di astenersi. E l’astensione stravinse. Sotto accusa finì allora l’ex premier Romano Prodi e il suo guanto di sfida a Ruini: «Da cattolico adulto io vado a votare». Oggi il bersaglio della Chiesa è Salvini (ricordate il «Vade retro» estivo di Famiglia Cristiana ?) e il presidente della Cei, il fiorentino Gualtiero Bassetti, intervistato da Repubblica , gli manda a dire: «Signor ministro, se la prenda con chi vuole, con i vescovoni, con la stampa cattolica, con i preti meschini e arrivisti, ma non tocchi l’umanità e il senso del dovere che hanno ispirato la nostra Costituzione». Sulla stessa lunghezza d’onda anche il cardinale di Firenze Giuseppe Betori che nelle omelie natalizie ha ricordato il passo del Matteo evangelista («Ero straniero e non mi avete accolto») per attaccare senza però mai citarlo, l’altro Matteo, il leader leghista. Betori si è chiesto cosa stia accadendo al nostro Paese dal momento che, di fronte al fenomeno migratorio, non è riuscito a trovare risposte efficaci «che non siano le chiusure dei porti e l’abbandono di fatto all’illegalità, che dà origine, questa sì, a insicurezza e paura?». Critica ai porti chiusi e al decreto sull’immigrazione, ma non solo. C’è altro nelle omelie natalizie di Betori. C’è la denuncia del ripiegamento del Paese su se stesso secondo una logica individualista che dal piano privato si estende a quello dello Stato, in una logica neosovranista, anche se il cardinale questa parola non l’ha usata mai.

L’ha evocata invece nelle settimane scorse il vescovo emerito di Prato monsignor Gastone Simoni per spiegare la necessità di un neo partito di cattolici. Anche per contrastare «il vento del sovranismo» che negli Usa, ad esempio, spira soprattutto negli ambienti che contestano papa Francesco (basta leggere Il giorno del giudizio, il libro edito da Piemme e scritto da Andrea Tornielli e Gianni Valente sul caso Viganò, il grande accusatore di Bergoglio).

È il richiamo alla coerenza evangelica il senso delle omelie natalizie di Betori. A costo per la Chiesa di ridursi in minoranza. La novità ecclesiale e politica non è data dunque da qualche presepe «provocatorio» — ci sono sempre stati —, ma dalla decisione della Chiesa di scendere in campo. Senza temere su temi come l’immigrazione di stare all’opposizione di Salvini e di questo governo. E nonostante, va detto, che il cuore di parte consistente del mondo cattolico, soprattutto nel nord est, batta più per Matteo che per papa Francesco.

Fonte: Corriere Fiorentino, https://corrierefiorentino.corriere.it/