I SEGNALI TRASCURATI.

di Sergio Romano

La Tunisia non è la Libia, dove la rivolta contro il regime di Gheddafi è diventata una caotica guerra civile in cui è impossibile distinguere le motivazioni politiche e religiose da vecchie faide tribali e regionali. E non è neppure l’Egitto, dove il ritorno all’ordine è il risultato del golpe con cui i militari hanno conquistato il potere e decapitato la Fratellanza musulmana. In Tunisia esistono un ceto politico e amministrativo di educazione francese, capace di controllare la transizione, e un partito musulmano (Ennahda, rinascita) che ha preferito farsi da parte, dopo l’approvazione di una nuova carta costituzionale, piuttosto che tentare, come in Egitto durante la breve presidenza di Mohamed Morsi, l’islamizzazione del Paese. Credo che la Tunisia possa continuare a essere, nonostante gli avvenimenti delle ultime ore, il luogo dell’Africa del Nord, in cui la democrazia ha buone possibilità di crescere e irrobustirsi. Ma l’assalto al Parlamento e al museo del Bardo non sono avvenimenti imprevisti e imprevedibili. Sapevamo che l’esercito combatte da parecchi mesi, lungo la frontiera algerina, contro bande salafite che hanno rapporti organici con Al Qaeda nel Maghreb.

Sapevamo che la polizia deve fare fronte a insidiosi gruppi di terrorismo urbano. E sapevamo infine che la Tunisia è stata negli ultimi tempi uno dei maggiori fornitori di reclute jihadiste (i foreign fighters ) alle milizie dell’Isis che combattono in Siria e in Iraq.
Due anni fa il gran mufti di Tunisi, il vecchio e stimato Othman Battiqh, ricordò ai suoi connazionali che il loro Paese aveva un preoccupante primato nella «jihad del sesso», come fu chiamato il fenomeno delle numerose adolescenti che lasciano le loro famiglie per dare «conforto» ai combattenti nelle retrovie siriane e irachene.
Ciò che è accaduto a Tunisi è sperabilmente soltanto un episodio nella vita politica del Paese. Ma dimostra che nessuna società o comunità, musulmana, in questo momento, può essere considerata immune dal contagio dell’Isis. Prima di considerare il mondo islamico definitivamente incurabile dovremmo ricordare che anche alcune società europee, negli «anni di piombo», fecero una esperienza analoga e che da queste malattie si può guarire.
Sergio Romano