BLITZ CONGELATO MA I CENTRISTI RESTANO NELL’ANGOLO.

di Massimo Franco

La situazione rimane in bilico, e le dimissioni del ministro Maurizio Lupi, per ora, non arrivano. Il suo partito, il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, ha fatto capire a Palazzo Chigi che una caduta del titolare delle Infrastrutture non sarebbe indolore per il governo. Bisogna vedere che accadrà quando Lupi si presenterà in Parlamento, forse venerdì, per chiarire il suo ruolo dopo l’apertura dell’inchiesta della Procura di Firenze sull’Alta velocità: sempre che la situazione non precipiti prima.
Il problema non sono le mozioni di sfiducia delle opposizioni, né gli attacchi di esponenti del Pd. L’esito di questa vicenda imbarazzante sarà deciso dai rapporti di forza tra Matteo Renzi e Alfano. E dallo sviluppo delle indagini.
Nelle prime ore, si parlava di un passo indietro in tempi brevissimi. Il suggerimento del premier a Lupi affinché si dimettesse spontaneamente andava in questa direzione: una pressione alimentata dalle parole fredde dei suoi collaboratori nei confronti dell’alleato. Poi sono spuntate le resistenze del Ncd. Il ministro continua a ripetere di non avere commesso errori e di poter chiarire tutto. E Alfano gli ha offerto una solidarietà basata sul fatto che non è indagato, rinviando l’aspetto politico al Parlamento.
A questo punto, per Renzi le opzioni sono due: o forza la situazione per impedire che eventuali ombre su Lupi si allunghino sul suo esecutivo, col rischio, altamente improbabile ma da non escludere, di rompere con l’alleato; o lascia che le cose vadano avanti, con il logoramento progressivo del ministro. L’ipotesi del blitz con la sostituzione immediata di Lupi sembra congelata, ma non si capisce per quanto tempo. E gli spezzoni di intercettazioni che filtrano dalla Procura dicono che l’inchiesta può portare a sorprese in ogni direzione, suggerendo prudenza.
Ma Ncd è in difficoltà, nell’angolo. Anche se addita la contraddizione di un Pd incline alla severità quando si tratta di esponenti di altri partiti sfiorati dalle inchieste, ma indulgente con se stesso: tesi rilanciata da Susanna Camusso, segretaria della Cgil, per la quale il governo «dovrebbe decidere un atteggiamento univoco nel rapporto tra le inchieste e le singole persone». Si tratta di polemiche in embrione, e potenzialmente dirompenti. Il tentativo è di circoscrivere i contraccolpi dello scandalo; e sperare che nelle prossime ore non emergano altri elementi tali da obbligare Lupi, e magari anche altri, a rassegnare le dimissioni.
È solo una speranza. La questione è politica. E incrocia l’immagine di un esecutivo che vuole rendere la lotta alla corruzione una priorità: una volontà sulla quale le opposizioni, in particolare il M5S, ironizzano, elencando gli scandali emersi nell’anno di governo Renzi. Eppure, Palazzo Chigi non può fare altro che correre di volta in volta ai ripari, per un malaffare radicatosi in decenni di inazione.
Per questo, il rinvio alla settimana prossima dell’approvazione della legge anticorruzione in Senato, prevedibile per l’arrivo di alcune proposte di modifica, finisce per apparire un messaggio controverso; e l’ennesima fonte di polemiche velenose.