Giorgetti “La Lega rischia di essere annientata se non si sposterà al centro”

 Carmelo Lopapa
CATANIA — Se passerà il proporzionale «è chiaro che la Lega dovrà avviare un movimento verso il centro, oppure correrà il rischio di essere annientata ». Giancarlo Giorgetti alle grandi manovre di salvataggio, con l’obiettivo abbastanza esplicito di tirare fuori il partito dal vicolo cieco del populismo e del sovranismo in cui rischia di ritrovarsi isolato. Magari con tanti voti, ma irrilevante.
Catania, Nuova Dogana, il vicesegretario si rilassa qualche minuto sul divanetto del retro palco dopo aver terminato il dibattito con il governatore siciliano Nello Musumeci e il presidente del Parlamento regionale Gianfranco Micciché. Alla tre giorni organizzata dallo stato maggiore leghista per presidiare il capoluogo etneo e stare vicino al capo che comparirà oggi a processo, ha voluto presenziare anche lui. «Con Matteo non ho di questi problemi, avevo impegni altrove ma ho rinunciato pur di non leggere quel che avreste scritto in caso di mia assenza e resterò anche per l’udienza». Questo come altri processi, ne è convinto, «finiranno nel nulla per la Lega ». Unico grande assente tra i big alla mobilitazione di Catania, causa “impegni sul territorio”, invece, sarà il governatore Luca Zaia.
Giorgetti porta tutta la sua solidarietà al segretario, ma alla vigilia del processo lancia un sasso per smuovere le acque. E vedere l’effetto che fa. La Lega deve uscire dalla ridotta nella quale è finita in Italia e in Europa, è la sua convinzione, pur non dichiarata in questi termini. Ecco, in Europa, intanto. Per l’ex sottosegretario alla Presidenza è giunto il momento di «aprire un dialogo col Ppe». Lo dice chiaro dal palco. Qualche minuto dopo, in questo colloquio, tiene a precisare meglio. «Non si tratta di entrare nel Partito popolare, sia chiaro, non ci dobbiamo sposare, io non voglio fare matrimoni con nessuno. Ma dobbiamo prendere atto che l’Europa esiste, piaccia o no. E io ritengo che il partito che governa in quindici regioni ed è primo in tutti i sondaggi, una Lega di governo, debba confrontarsi con chi comanda in Europa: ovvero col Ppe. E chi è determinante nel Ppe? La Cdu tedesca. Ecco, siccome adesso si va verso il rinnovo della segreteria della Cdu, sarà importante avviare un dialogo con chi guiderà quel partito. Non vuol dire che bisogna smettere di essere sovranisti – continua arrotolando le maniche della camicia bianca fin sopra il gomito – ma di vivere questa accezione nel senso che la sovranità appartiene al popolo. Che poi, se ci pensate, anche Orban è in quel partito e mica lo cacciano, ci sarà un perché». Ma nei giorni scorsi Matteo Salvini, anche abbastanza piccato, ha smentito categoricamente qualsiasi tentazione di approdo dal gruppo dei sovranisti di Id al Ppe (un dibattito in tal senso si sarebbe aperto dentro il gruppo a Bruxelles). «Infatti io non parlo di ingresso – taglia corto il deputato varesino – ma di confronto. Se una discoteca è aperta, si può pur sempre entrare a vedere, conoscere gente. Poi se dentro c’è una ragazza che piace magari mi fidanzo. Oppure no. Ma intanto bisogna andare a vedere, a conoscersi», è la bizzarra metafora a conclusione del ragionamento. Il leader appunto sarà d’accordo? «Non può non essere d’accordo», taglia corto Giorgetti quasi sorpreso dalla domanda. Anche perché, è il non detto, con Giorgia Meloni che si colloca nientemeno che alla guida dei Conservatori europei, non c’è molto tempo da perdere.
Da domani dentro e fuori la Lega si parlerà meno di processi e guai giudiziari, è la speranza delle menti pensanti ai vertici del partito. E allora bisognerà anche pensarlo, un “domani”. Soprattutto se passerà la legge proporzionale voluta da Pd e M5S. «È una legge elettorale che ci riporta indietro di decenni, l’ho detto e lo ripeto – quasi sbuffa Giorgetti sul divanetto – Detto questo, se dovesse sciaguratamente passare, la Lega dovrà avviare un movimento verso il centro, oppure correrà il rischio di essere annientata». Quasi una rotazione, a sentire il bocconiano del partito. Ma attenzione, precisa subito, «la linea la decide Matteo ». Lo farà? «Boh, chi lo sa», allarga le braccia.
Il segretario come il partito uscirà dal tunnel giudiziario, è l’altra cosa di cui il numero due leghista si dice convinto. Ma la leadership salviniana non rischia di essere azzoppata dai colpi delle varie procure? «Certo, a forza di menare, menare, menare, nessuno ne uscirebbe bene, sfiderei chiunque…», è la risposta. Ma né Giorgetti, né altri si sognano di mettere in discussione la guida del partito. Una correzione di rotta, dentro e fuori i confini, sarà invece necessaria secondo i leghisti che non vogliono morire estremisti.
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