Che nella città più a destra di Calabria la destra alla fine scelga come candidato sindaco un ex dirigente e tesserato dem la dice lunga sul livello di trasversalismo che alberga a queste latitudini. Dopo 20 anni di regno quasi ininterrotto di Sergio Abramo (Fi), attuale sindaco, già presidente del Catanzaro calcio, ex imprenditore nel settore dei servizi telefonici e tante altre cose ancora, la coalizione Fi-Lega (sul carro si attende che salga anche FdI) benedice la candidatura, già in campo, di Valerio Donato.

È il professore di Diritto privato all’università di Catanzaro il nome ammantato di «civismo» con cui la destra padrona incontrastata della città dei tre colli cerca di rifarsi il look, un po’ sbiadito dopo anni di fallimenti amministrativi, costellati dalle tante inchieste giudiziarie dai nomi esotici e cinematografici (Gettonopoli, Multopoli, Farmabusiness, Basso Profilo). E chi se ne importa se Donato ha avuto sempre in tasca la tessera del Pd e anzi ha implorato in tutti i modi il “suo” partito di candidarlo a Palazzo dei Nobili. Ma a destra hanno pensato che a caval Donato non si guarda in bocca. A destra serviva rifarsi l’immagine alla svelta. E per spianare il terreno a Donato si è messa in moto una teoria di candidature farlocche e di nomi da bruciare in fretta. Il gioco dei veti incrociati ha fatto il resto.

D’altronde, Donato non è certo uno sprovveduto. In questi anni ha tessuto una fitta rete trasversale. E il partito degli affari e del Pnrr sta tutto con lui – ci spiega Mario Vallone, eretico ed iperattivo presidente dell’Anpi catanzarese e regionale – in nome di un trasformismo che riesce a superare qualsiasi schieramento. Donato interpreta al meglio questo modo di fare politica, senza ideologie, senza contenuti, vuota, senza anima. Lo chiamano civismo, ma in realtà è la morte della politica, delle identità e delle appartenenze. Noi scriveremo nei prossimi giorni una lettera aperta in cui chiederemo ai candidati se convergono e si ritrovano sui valori della Carta costituzionale. Perché per noi amministrare una città, peraltro capoluogo di regione, non vuol dire occuparsi unicamente di giardini pubblici e di traffico cittadino. Altrimenti tanto varrebbe affidarla ad un’agenzia di servizi. La discontinuità e il rinnovamento noi le misureremo sul campo su una prospettiva di alto cabotaggio non sui social».

L’obiettivo della destra è vincere al primo turno. Il ballottaggio viene visto come fumo negli occhi. Nel 2017 Abramo lo evitò per pochi voti (e tante polemiche e ricorsi elettorali con accuse di brogli). Lo sconfitto di allora è il candidato di oggi in un centrosinistra di nuovo conio. Nicola Fiorita, anch’egli docente universitario, dopo cinque anni ci riprova. Adesso si ritrova come compagni di viaggio dem e grillini che nel 2017 remavano contro e gli preclusero l’agognato secondo turno. Dati alla mano, la destra potrebbe vincere già il 12 giugno. Alla coalizione storica (FI- Lega-FdI) si aggiunge il «grande centro» che a Catanzaro è stato sempre forte e che dall’Udc fino a Italia viva si è già espresso in favore di Donato. Ma a 70 giorni dal voto la strada è ancora lunga e ricca di insidie. Non è affatto detto che la destra non cada dal suo cavallo.