Però è ottimista sui vaccini, prevedendo che almeno tre saranno autorizzati entro la fine dell’anno, anche se per vedere la vera fine del virus dovremo aspettare il 2022.
Gates ci parla dal suo ufficio, durante una video conferenza con cinque media europei, tra cui La Stampa in esclusiva per l’Italia. L’occasione è il «Goalkeepers report», rapporto che la sua Fondazione prepara ogni anno alla vigilia dell’Assemblea Generale dell’Onu, per monitorare la realizzazione dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile: «Tristemente, quest’anno parliamo degli arretramenti provocati dalla pandemia. L’impatto sulla salute è un passo indietro di 25 anni, e la povertà estrema è cresciuta del 7%. Dobbiamo fermare il virus, ma serve la collaborazione globale. Lavorare insieme per creare il vaccino, condurre i trial, produrlo, distribuirlo. L’accesso farà la differenza. Secondo gli studi dalla Northeastern University, se i primi due miliardi di dosi andranno solo ai Paesi ricchi, avremo il doppio dei morti».
È ottimista o pessimista sullo stato della pandemia?
«Pessimista su come sarà l’autunno nell’emisfero settentrionale. Se non avremo interventi il numero dei morti, anche negli Usa, tornerà ai livelli della primavera. La notizia buona è che abbiamo diversi vaccini promettenti, e potrebbero ricevere l’autorizzazione all’uso di emergenza dalla Fda o dalla Mhra entro fine anno, o certamente all’inizio del prossimo. Mi aspetto che due o tre l’avranno. Alcuni pensano prima di novembre (data delle presidenziali Usa, ndr), però non è probabile. La Pfizer è l’unica che potrebbe riuscirci, ma molti altri dovrebbero avere i dati dei test entro l’inizio dell’anno prossimo. Il primo vaccino potrebbe non essere quello definitivo, servirà altro lavoro sui secondari. La Gates Foundation è concentrata su quelli che possono essere prodotti in grande scala, con un costo basso, fra 2 e 3 dollari a dose. Ciò include AstraZeneca Oxford, Novavax, Johnson & Johnson e Sanofi. Cerchiamo di vedere se funzionano, e costruiamo una capacità di produzione globale, per oltre un miliardo e mezzo di dosi all’anno. Lavoriamo con produttori nei Paesi in via di sviluppo, tipo il Serum Institute in India. Se saranno efficaci, anche con un livello di vaccinazione del 60% fermeremo la diffusione esponenziale della malattia. Il prossimo anno porteremo giù il numero dei morti, e nel 2022 la pandemia finirà».
Non c’è il rischio del «nazionalismo dei vaccini»?
«Gli Usa sono contraddittori. In termini di ricerca hanno dato più soldi di tutti gli altri messi insieme, moltiplicati per due; per la produzione nei Paesi poveri non si sono mossi. Io spero ancora che questa amministrazione, o un’altra che verrà, lo faccia, dedico molto tempo affinché succeda. Intanto gli europei e altri ci sono. Il beneficio è enorme, sono miliardi spesi per risparmiare trilioni. Anche i Paesi che hanno risposto meglio, tipo Giappone e Corea de Sud, hanno capito che evitare il ritorno dell’infezione è difficile, se la pandemia non finisce su base globale».
Avremo più morti dirette o indirette?
«Dirette nei Paesi ricchi, indirette in quelli poveri. Nel 2022 finiranno i decessi, ma serviranno fra 2 e 3 anni per sanare i danni alla salute globale. Per sanare quelli economici, i Paesi che non possono aumentare il debito avranno bisogno di un decennio».Cosa risponde ai No vax che l’attaccano?
«Mi chiedo come abbiano scoperto il mio complotto.. ».
Sul serio.
«Questa storia è così bizzarra, che quasi dovresti trattarla con umorismo. Però è un problema molto grave, perché se ci accusi di fare cose diaboliche limiti il nostro lavoro. Poi la gente non mette le maschere o rifiuta il vaccino. Per raggiungere l’immunità servirebbe che lo facesse almeno il 60% della popolazione, ma sarebbe meglio l’80 o il 90%. Negli Usa, però, il 40% della popolazione non è convinta. Ironicamente, in maggioranza sono elettori repubblicani. Per superare il problema dobbiamo garantire che il processo di approvazione dell’Fda non sia influenzato politicamente, essere super trasparenti, scegliere il rimedio migliore, guardare tutti gli effetti collaterali. I vaccini sono miracolosi, hanno eliminato malattie come vaiolo, morbillo, ora la polio. Il messaggio positivo non è interessante come la paura, sempre esistita, ma queste teorie cospirative sono un fatto nuovo, perché combinano la pandemia ai media digitali».
Gli argomenti razionali possono prevalere?
«Quali altre opzioni abbiamo? Non posso contrastarli con follie alternative, ho solo la scienza. Il fatto che alcuni politici stiano denigrando pesantemente i media è un fenomeno pauroso. Anche Fox News ha aiutato a diffondere queste voci. I digital media cercano di tagliarle, ma non hanno successo: un video folle sulla presunta cura del Zithromax è stato visto da oltre dieci milioni di persone, prima di essere bloccato».
Gli Usa hanno rifiutato di partecipare all’iniziativa Covax.
«L’amministrazione non collabora con l’Oms. Sono in disaccordo, lo considero un errore, partecipo a discussioni intense per fare in modo che i soldi ci siano. Se non avverrà sarà increscioso, ma il resto del mondo dovrà farsi avanti, perché il ritorno economico è enorme. L’idea che l’investimento su un rimedio, che costa 6 dollari per le due dosi necessarie, sia bloccato perché gli Usa si comportano in modo singolare non ha senso. Le discussioni con gli europei sono avanzate, il vaccino sarà finanziato».
Trump lo vuole prima delle elezioni, ma i ceo di 9 aziende farmaceutiche si sono impegnati a distribuirlo solo se sicuro.
«Due vaccini potrebbero avere i dati per fine ottobre, Pfizer e Moderna, ma è improbabile. La nostra fondazione ha investito molto sulla tecnologia rna, però per questa pandemia la possibilità di produrla su larga scala è bassa. Perciò ci siamo concentrati su AstraZeneca Oxford, Novavax, Johnson & Johnson e Sanofi. Per almeno tre di questi vaccini l’autorizzazione d’emergenza arriverà entro fine anno, e se dovessero fallire speriamo che altri funzionino, perché il livello di anticorpi visto nella fase 2 dei trial è molto buono. Non è una questione politica. È increscioso che molte dichiarazioni di Trump l’abbiano fatta percepire così, ma l’annuncio dei 9 ceo è stato appropriato».
Perché proprio gli Usa, e altri Paesi sviluppati come Regno Unito e Italia, hanno avuto così tanti problemi?
«Tutti si aspettavano che noi avremmo dato la risposta migliore, perché mettiamo più soldi di chiunque altro nella sanità. I CDC erano i migliori al mondo. È ironico che uno chieda: c’è qualche Paese che influenza l’Oms nei corridoi? Certo, gli Usa. Se vai a vedere la percentuale di dipendenti stipendiati dai CDC, non esiste un altro organismo Onu più associato ad un singolo Paese. Ed è una cosa buona. Per quanto poi riguarda gli Usa, la situazione dei tamponi è ancora un disastro completo. I CDC hanno preparato esami che non funzionavano, bloccando gli altri. I risultati che arrivano dopo 24 ore non andrebbero rimborsati: non è una cosa logisticamente difficile, si può fare anche a casa. Poi si parla tanto del blocco dei voli dalla Cina, ma dopo che è stato imposto sono arrivate almeno 40.000 persone senza controlli: ha avuto un impatto zero. Nel frattempo l’epidemia veniva dall’Europa, ma nulla è stato fatto abbastanza rapidamente per fermarla. È una storia molto triste. Ora c’è confusione anche con le terapie. Il plasma era incoraggiante, ma nessuno sa quanto sia davvero efficace. Siamo sorpresi da quanto siano andate male le cose. Quando sarà finta, gli Usa dovranno fare un esame molto approfondito, per capire come prepararsi alla prossima pandemia».