Azioni, clienti, sportelli Che cosa succede ora?

Risponde di Lorenzo Gai, professore ordinario del dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa dell’Università di Firenze.

Lo Stato è diventato azionista di maggioranza di Mps: cosa accadrà adesso?

Come legittimo per ogni nuovo azionista di controllo, verrà nominato un diverso consiglio di amministrazione, espressione del nuovo equilibrio. Per quanto riguarda lo spostamento della sede da Siena se ne ritornerà eventualmente a parlare solo quando lo Stato avrà trovato un acquirente. E probabilmente si assisterà ad un ulteriore rigore nell’erogazione del credito, anche se sono stati compiuti significativi passi avanti in rispetto al passato.

È stato evitato il bail-in ma chi possiede i bond subordinati sarà penalizzato dalla loro conversione in azioni?

Una piccola penalizzazione ci sarà. Non fosse altro perché lo Stato ha pagato il 25% in meno le azioni rispetto agli altri soggetti. Non sono poi ancora state fissate le regole per cui uno possa rivendere le azioni ed ottenere in cambio bond senior, una questione delicata che è stata uno degli oggetti della lunga trattativa con l’Unione Europea.

Il titolo è stato congelato a 15 euro, dovrebbe tornare in Borsa a metà del precedente valore: era inevitabile?

Certamente inevitabile. Se ci fosse stato il bail-in le azioni sarebbero state azzerate, e nel frattempo sono state vendute intere banche al prezzo simbolico di un euro. Con l’emissione di nuove azioni per la ricapitalizzazione da 8 miliardi la diluizione degli azionisti attuali era ineludibile.

Cosa cambierà adesso per i clienti della banca?

La banca è stata di fatto appena nazionalizzata, mettendo fine alle incertezze, alla giostra di possibili nuovi azionisti ed investitori, alla ridda di voci. La ricapitalizzazione è importante, tutti i soggetti, dallo Stato al governo alla Bce ed all’Unione Europea sono stati coinvolti: non c’è motivo per cui non torni la fiducia.

Senza i crediti deteriorati, che dovrebbero essere ceduti entro l’anno, Mps sarà finalmente in sicurezza?

Se l’operazione si concretizzerà, sì. Fermo restando che è un soggetto che deve stare sul mercato, con le incertezze che tutti devono affrontare, sarà una banca ripulita e più solida. Con la garanzia dello Stato come azionista importante, seppur temporaneo.

E che modello di business dovrebbe seguire Siena per ritrovare redditività ma anche la fiducia dei clienti?

Il modello strategico di business deve essere deciso dagli azionisti e dal management: si può optare per una banca locale, italiana o italiana con vocazione internazionale. Si può pensare ad un istituto tradizionale, focalizzato sul sostegno alle imprese medio piccole e al territorio, ma ciò ad esempio non significa rinunciare al settore finanziario, che del resto — a parte i casi di alcuni derivati — non è all’origine del problema degli elevati crediti deteriorati di banca Mps come di altri istituti italiani. È la qualità del credito il vero motivo di tante crisi.

Il taglio del 20% del personale e di sportelli entro il 2021 si può fare senza intaccare l’operatività della banca?

«Certamente non si può e non si deve fare tutto subito, ma devono riuscire a centrare questi obiettivi. Tutto il settore bancario è alle prese con la diminuzione di filali ed addetti, è un business ormai maturo che non può più puntare sul “mattone”. Le banche italiane di riferimento hanno ridotto già i costi fissi, sfruttando le innovazioni tecnologiche».

Il caso Mps mostra che le regole della vigilanza europea e italiana vanno cambiate? E come?

«Certamente non vanno bene regole grazie alle quali servono nove mesi per decidere. Ci sono troppi soggetti e non c’è la primazia di un decisore, prolungando così la ricerca di una soluzione e l’incertezza. Serve più tempestività. E oramai è un fatto che tutto questo potere, anche di vigilanza, si è spostato verso l’Europa».

 

  • Sabato 12 Agosto, 2017
  • CORRIERE FIORENTINO