Albiera Antinori «Cresciamo ancora pur nelle incognite»

L. F.

 

Quando Albiera Antinori iniziò a lavorare nell’azienda di famiglia, la Marchesi Antinori, aveva 19 anni. Era il 1986. L’edizione del Vinitaly si era aperta con i postumi dello scandalo del metanolo. C’erano 1.600 espositori, meno della metà di quelli attuali. Da quel momento iniziò la riscossa del vino italiano, un periodo difficile ma che servì a convincere produttori grandi e piccoli che solo puntando alla qualità, senza trucchi in cantina, si poteva crescere.

Trentasei anni dopo, Albiera Antinori è diventata la presidente dell’azienda. Ha il compito di guidare un gruppo attivo nel mondo del vino dal 1385, con 26 generazioni dedicate a botti e bottiglie. Il padre, Piero Antinori, come altri grandi del settore, è in attività perpetua. Renzo Cotarella è l’infaticabile ad. Assieme ad Albiera lavorano in azienda le sorelle Alessia e Allegra. Con più di 200 milioni di ricavi, Marchesi Antinori è la prima azienda privata italiana quanto a ettari vitati: sono quasi 3.000, tra Tenuta Tignanello, Badia a Passignano, Pèppoli, Antinori nel Chianti Classico, Pian delle Vigne a Montalcino, Tenuta Guado al Tasso a Bolgheri, Tenuta Montenisa in Franciacorta, Prunotto in Piemonte, Castello della Sala in Umbria, Jermann in Friuli Venezia Giulia. E, all’estero, ci sono Antica e Stag’s Leap Wine Cellars in California, nella Napa Valley.

Presidente Antinori, come va in questi primi mesi del 2022 il mercato del vino?

«In questi ultimi due anni siamo stati e siamo ancora su un ottovolante che gira veloce, senza la possibilità di vedere molto lontano. I numeri del mercato sono positivi nel 2001 e anche oggi, in questi primi mesi nel 2022».

Quali sono i rischi all’orizzonte?

«C’è una forte preoccupazione per l’aumento dei costi delle materie prime e dei trasporti delle merci. Aumenti che rischiano di gravare molto anche sulla reperibilità del vetro, ma anche della carta e del cartone, dei tappi e dei pallet. Alcuni aumenti sono avvenuti a ragion veduta e altri sono frutto, se non di speculazioni, di rialzi a prescindere».

Quali sono i dati positivi del 2022?

«Noi siamo avanti nelle vendite rispetto al 2021, peraltro positivo, di circa il 15%. Anche se si tratta di dati difficili da interpretare, perché non si sa bene cosa accadrà nell’immediato futuro. La pandemia causata dal Covid 19 non è ancora scomparsa e c’è la guerra in Ucraina che influenza i mercati».

Identikit dei primati

Una famiglia nel vino da 26 generazioni. È la più grande azienda privata con 3mila ettari

Ottimismo moderato?

«Stiamo correndo bene, però bisogna avere un occhio sempre vigile sulla situazione nazionale e internazionale».

Con questo spirito come vi presenterete al Vinitaly che sta per riaprire le porte?

«Andiamo al Vinitaly contenti, ci ritroveremo tutti a Verona, felici finalmente di vederci. È difficile pronosticare quante visite avremo nel nostro stand. I compratori dall’Asia e dall’Est Europa probabilmente non ci saranno. Vedremo quale sarà la situazione dei buyer degli Stati Uniti. Ma intanto gli italiani e gli europei non faranno mancare la loro presenza. Il Vinitaly è la tappa per ripartire e per sentirci in un contesto di ritrovata normalità».

Presenterete qualche novità dalle vostre cantine italiane?

«Presentiamo le nuove annate dei vini. Ma non ne lanceremo di nuovi. Per noi il Vinitaly torna ad essere il momento di incontrarsi, condividere e di avere visibilità».

 

 

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