L’inutile guerra sui numeri
di Pierluigi Piccini
Ci risiamo: il confronto tra Valentini è Tirelli è sui numeri, visto che per loro conta solo la quantità di turisti che vengono a Siena. E se il problema fosse un altro, di ordine qualitativo, ovvero su quanta redditività producono i visitatori e quanta di questa resta a Siena? Proviamo a ragionare in questo modo e su quale innovazione introduce il sistema turismo nell’economia del territorio. È ormai chiaro che le iniziative organizzate e sviluppate da questa Amministrazione comunale, e in buona parte ereditate, sottraggono risorse agli operatori senesi per trasferirle altrove, contribuendo a produrre un indebolimento economico. L’ultima, indicativa provocazione è stata, per quanto mi riguarda: “Siena filiale di Merano”. Ogni iniziativa è seguita dai trionfali annunci sui visitatori, ma un grande numero non serve, specie se non ci sono le giuste ricadute, sulla città e sugli operatori economici locali. Qualche città europea si è già accorta della necessità di selezionare numero e qualità degli arrivi, su come valorizzare le imprese locali, e sta ricorrendo ai ripari. Il costo sociale in senso largo, con un certo tipo di turismo, è superiore ai ricavi che distribuisce ad una parte dei cittadini. Verificate se volete il rapporto numero/reddito in alcuni Comuni della provincia, e ne avrete di sorprese! Ma questo processo introduce innovazione? Non direi proprio. Lo sguardo del turista, così come lo conosciamo, è come quello della Medusa, perché eternalizza tutto in forma utopica. In più lo sguardo dell’escursionista che cresce nei volumi (quantità) trasforma la dimensione quotidiana della città in un processo di monumentalizzazione. Situazione ancora più grave in una città come Siena, dove una mono economia sta prendendo il sopravvento, con rischi enormi di introduzione di elementi folcloristici. In questo senso la crescente attenzione al Palio e, se non ben congegnata, la Galleria del Palio, possono diventare un acceleratore irreversibile, capace di sviluppare elementi patologici che già si possono riscontrare in qualche caso. Oltre a queste considerazioni c’è dell’altro: ormai non si viaggia neppure più per il monumento. Stiamo vivendo la trasformazione del turista in visitatore estemporaneo di villaggi globali animati. Airbnb, dopo aver saturato il mercato degli affitti brevi ha iniziato a vendere il tempo, trasformando le città in parchi giochi dedicati a wine-tasting, experience, tour, show-cooking, street-food, convention, meeting, wedding… Il problema non è più la ricerca dell’eternità del monumento ma come si viaggia, cosa fa il turista. Guardando ai nostri compagni viaggiatori, tutto diventa omogeneo, tutto uguale. Forse questi sono i veri problemi di Siena come di altre città d’arte. Ma da noi c’è qualcosa in più. Ciò che finora ho cercato di descrivere si inserisce su un blocco sociale a dir poco statico, che fa del terziario maturo il suo punto, quasi unico, di forza reddituale. Questa miscela sta diventando esplosiva, e i dati sulla qualità della vita stanno lì ha dimostrarlo. Come se ne esce? Potrei citare una frase di Einstein: “L’inferno è su questa terra, non nell’aldilà. In questo inferno c’è chi si adegua e chi cerca il diverso”. Noi dovremo cercare il diverso avendone tutte le possibilità, ma da tempo non avviene.