Una legge per sostituire i dirigenti (l’ultimo strappo Giani-Rossi)

La proposta: via il limite temporale per le nomine. La Lega: dubbi sulla legittimità

Giorgio Bernardini

 

La pax Pd è finita, la tensione è alle stelle. Otto mesi dopo il suo insediamento, il presidente della Toscana Eugenio Giani vuole dare una sterzata alla macchina della Regione, ponendo le basi per uno spoils system fino a qui sconosciuto a queste latitudini, dove la continuità politica e amministrativa è sempre stata considerata dal centrosinistra un valore. Il governatore vuole provare ad avere le mani libere sulla nomina dei 12 direttori d’area, soprattutto riguardo alla Sanità, togliendo il limite temporale (massimo 60 giorni dalla nomina del direttore generale della Regione) previsto dall’attuale legge e oggi già ampiamente superato . Lo strumento per attuare la rivoluzione — una «de-rossizzazione» della Regione, dicono i detrattori di Giani — sarebbe una proposta di legge, la numero 44, che arriverà all’esame della commissione Affari Istituzionali del Consiglio regionale martedì.

Alla commissione parteciperà anche il portavoce delle opposizioni Marco Landi (Lega), che ha «domande da fare ponendo dubbi sulla legittimità dell’atto» e ricorda che il 2 marzo scorso la giunta Giani aveva avanzato un’altra proposta di legge, la numero 30, che prevedeva la nomina di una serie di vice-direttori da affiancare ai direttori dei settori della Regione. Un modo per rafforzare alcuni settori rimasti un po’ sguarniti, secondo i fedelissimi di Giani, ma anche un modo per poter controbilanciare il peso dei direttori nominati o comunque in carica durante i 10 anni della presidenza di Enrico Rossi. Non che la proposta convincesse tutti, tra i Democratici. Anzi, in diversi fecero notare riservatamente che la moltiplicazione dei posti avrebbe potuto creare nuove polemiche intorno alla giunta e al partito.

Forse sono stati questi dubbi a far naufragare legge, ma non bisogna scordare che poche settimane dopo (a metà aprile) è scoppiato lo scandalo Keu con l’inchiesta della Direzione distrettuale anti mafia che coinvolge tra gli altri Ledo Gori, capo di gabinetto di Rossi per 20 anni (prima all’assessorato alla Sanità, poi alla presidenza della Regione) e in quel momento di Giani, che poi lo sospenderà dall’incarico. Nel mirino degli inquirenti finisce l’emendamento pro-conciatori approvato dal Consiglio regionale nella scorsa legislatura, con Giani presidente dell’aula. L’atto e il suo stralcio annunciato poi dal governatore diventa l’oggetto di un duello pubblico tra Giani e Rossi, col primo che ricorda che fu la giunta precedente a difendere l’emendamento davanti alla Consulta e il secondo che smentisce e definisce «irresponsabile» il suo successore alla guida della Regione.

Ecco, la proposta di legge che arriva in commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale può rappresentare — sul versante amministrativo — un altro capitolo della rottura tra l’era Rossi e quella Giani. L’atto, per cui nei giorni scorsi Giani ha redarguito in aula il presidente di Commissione Giacomo Bugliani chiedendogli di agire «con la massima emergenza», contiene infatti due grandi novità. Elimina lo schema con i vice-direttori di marzo e tira un rigo sui limiti della legge attuale, che stabilisce il potere di nomina dei direttori da parte della giunta «entro 60 giorni dalla nomina del direttore generale». Il dg Paolo Pantuliano è stato nominato il 29 dicembre, quindi tecnicamente Giani ora non avrebbe più potere di metter mano alle nomine. Se la legge 44 passasse cambierebbe lo scenario. Carlo Tomassini, che era stato riconfermato alla guida del settore Sanità, è il primo indiziato di sostituzione. Al suo posto è in odore di esser indicato, in questo schema, Federico Gelli, punto di riferimento dei non lottiani nel Pd.

Ieri il Corriere Fiorentino ha chiesto a Giani un commento, senza ottenere risposta. Nello scontro con Bugliani, il governatore ha sostenuto che «se noi non facciamo questa modifica alla legge entro la parifica della Corte dei Conti ci saranno responsabilità dirette e oggettive. Il fatto di continuare a rinviare è ingiustificato, ognuno su questo si prende le sue responsabilità e lo dichiaro qui perché rimanga a verbale». L’ipotesi del leghista Landi è invece che «Giani abbia fretta di far approvare la proposta di legge perché l’inchiesta Keu ha rotto con evidenza un accordo, quello della “continuità nella discontinuità” tra l’amministrazione di Rossi e quella del nuovo presidente».

 

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