Tre partite e una minoranza silenziosa.

 

Sono tre le partite che si stanno giocando sul tavolo della politica italiana, attesa dopo il weekend pasquale al primo appuntamento con le consultazioni del presidente Mattarella al Quirinale.

C’è la partita tutta all’attacco del Movimento 5 Stelle, che ha fretta di lasciare il segno, soprattutto nel caso che si prospetti un prossimo ritorno alle urne. Luigi Di Maio e Roberto Fico, assistiti dagli uomini e dalle donne chiave eletti negli uffici di presidenza delle Camere, puntano a dare un segnale forte sul fronte dei costi della politica: nel mirino – ci dice la nostra Annalisa Cuzzocrea – ci sono innanzitutto i vitalizi, ma anche le indennità di carica attualmente in vigore.

C’è poi la partita interna al centrodestra, con il tentativo di Silvio Berlusconi di rientrare definitivamente nei giochi attraverso la riabilitazione giudiziaria, il cui percorso però al momento sembra molto complicato.

E poi c’è la partita del Pd, o meglio di Matteo Renzi, che nonostante le dimissioni da segretario è ancora determinato a guidare le danze. L’obiettivo è avvicinare il partito a En Marche, il movimento del presidente francese Emmanuel Macron, come scrive Tommaso Ciriaco. Nel frattempo, secondo Renzi, il Pd deve stare alla larga da qualunque tentazione di governo e di accordo con le forze populiste. Stare all’opposizione però non significa stare immobili, rinunciare del tutto a schierarsi, far sentire la propria voce: “Se per non correre il rischio di discutere e confrontarsi – dice il direttore Mario Calabresi nel suo editoriale –  ci si imbavaglia allora la condanna al declino e alla sterilità è già scritta”. (Andrea Iannuzzi)

Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/