Toscana, la ripresa «disuguale».

Il direttore Irpet: crescita debole e aumenta il divario tra territori.

NELL’ANALIZZARE i fenomeni che stanno caratterizzando la nostra regione forse è bene non dimenticare che abbiamo trascorso e (forse) superato la più grande crisi della recente storia del Paese (per intendersi, quella degli ultimi 70 anni), una crisi che ha lasciato sul terreno ferite profonde ancora non sanate; l’enfasi con cui si sostiene che da tre anni siamo tornati a crescere rischia di farcelo dimenticare. I dati riportati di recente da La Nazione (tratti da un lavoro dell’Irpet) mostrano come anche in Toscana la disoccupazione e la povertà sono aumentate e il reddito procapite è diminuito. EPPURE la Toscana ha retto meglio della maggior parte delle altre regioni del Paese; l’Irpet lo sostiene da tempo. Infatti mettendo assieme i principali indicatori economici prodotti da Istat la Toscana risulta avere subito meno degli altri gli effetti della crisi; di fatto con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna rappresenta la parte più solida e dinamica del paese, ricostruendo quell’asse centro-nordorientale che è stato da sempre l’asse portante dello sviluppo del Paese. LA CAUSA di questa relativa tenuta va ricercata nella capacità di vendere all’estero e in quella di attrarre turisti. In fondo un sistema economico di piccole dimensioni come è quello regionale può essere visto come una macchina che trasforma gli impulsi provenienti dall’esterno in Pil e soprattutto in occupazione. Si scopre così che, sommati assieme, export e turismo sono aumentati dall’inizio della crisi ad oggi di oltre il 32% (più delle altre regioni) e che l’occupazione è addirittura aumentata dell’1,5% rispetto al massimo storico toccato nel 2008 (anche in questo caso meglio della maggior parte delle altre regioni). Tutto ciò non è però stato sufficiente a fronteggiare gli effetti della caduta della domanda nazionale (talvolta un vero e proprio crollo, come nel caso degli investimenti) per cui l’aumento dell’occupazione di cui sopra non è servito a consentire ai molti giovani di uscire dallo stato di disoccupazione in cui si trovavano e, anche quando ci sono riusciti, ciò è avvenuto in modo temporaneo e con remunerazioni spesso inadeguate, generando il fenomeno dei cosiddetti working poors. LA RIPRESA c’è anche in Toscana (almeno dal 2014) ed è stata superiore alla media nazionale. Nel 2017 Irpet stima un aumento del Pil attorno all’1,5% che, nell’anno in corso, dovrebbe leggermente attenuarsi, pur rimanendo al di sopra della media nazionale. Export e turismo saranno ancora alla base della nostra crescita che ritornerà, quindi, sui ritmi precedenti l’avvio della Grande Crisi. Si tratta tuttavia di ritmi che già allora giudicavamo deboli e che oggi lo sono a maggior ragione dal momento che la crescita, diversamente da allora, dovrebbe caricarsi sulle spalle anche la necessità di far fronte all’aumento della disoccupazione e della povertà sopra segnalati. NON SOLO, ma questa ripresa si sta caratterizzando per una sua polarizzazione nelle aree più forti del Paese per cui, anche in Toscana, essa risulta molto legata ai luoghi storici dello sviluppo industriale (la Toscana centrale) acuendo le disparità territoriali e più in generale le disuguaglianze. L’immagine che in sintesi si ricava è quella di un’economia dotata di un sistema di imprese ancora in grado di competere con successo sui mercati internazionali, ma frenato da una domanda interna che le politiche di austerity mantengono ancora debole ed insufficiente a garantire una crescita più vigorosa; le incertezze del quadro mondiale con i nuovi fermenti di protezionismo rischiano poi di incidere negativamente sulle nostre esportazioni (ricordiamo, infatti, che la Toscana vanta una forte presenza nel mercato statunitense). Stefano Casini Benvenuti

 

 

Fonte: La Nazione, https://www.lanazione.it/