Terremoto M5S: tra Conte e Di Maio tregua in attesa del divorzio

L’editoriale del direttore Nico Perrone

ROMA – “Sì, adesso discuteremo, in qualche modo si cercherà di tirarla un pochino per le lunghe – confessa una fonte ‘grillina’ governativa pro Conte – ma per noi ormai è chiaro che Conte e Di Maio non possono restare nello stesso partito, che alla fine dell’anno uno resterà e l’altro se ne andrà dal M5S”. E il presidente Giuseppe Conte oggi dalle pagine del Fatto Quotidiano di Travaglio spara a palle incatenate contro Di Maioaccusandolo di averlo pugnalato alle spalle quando lui aveva trovato l’accordo per portare Elisabetta Belloni al Quirinale: “Di Maio dovrà rendere conto di diverse condotte“, arringa l’avvocato del popolo usando toni da pubblica accusa.

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Nessuno nel Movimento sa come arrivare al chiarimento (o resa dei conti) perché ci sono vari passaggi burocratici che di fatto bloccano qualsiasi azione punitiva nei confronti di Di Maio. “Il fatto è – continua la fonte ‘grllina’ – che noi sappiamo che Di Maio già naviga, già ha fatto accordi per un’altra prospettiva politica. Conte vuol ricreare un Movimento che guarda sì al Pd ma autonomo nelle scelte radicali che farà, Di Maio, guardate tutti gli attestati di stima che gli sono arrivati da Forza Italia e Italia Viva, guarda alla costruzione del ‘grande centro’ con Toti-Brugnaro, Calenda-Renzi e pezzi di Forza Italia, che dopo le elezioni politiche stringerà l’accordo più conveniente con il possibile vincitore”.

Nella fase che si apre, quindi, Conte dovrà ricostruire l’immagine di un Movimento pronto alla battaglia su scelte radicali, anche in competizione con i Dem. “Su questo si sta lavorando per stringere un accordo con Di Battista, per riportarlo con noi”, prosegue il ‘grillino’. E si capisce che l’idea è quello di metterlo in forte contrapposizione con Di Maio, una sorta di ariete per spingerlo fuori il prima possibile.

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Tra i problemi c’è anche Beppe Grillo, che farà il Garante supremo? Appoggerà Conte oppure no? Nel Movimento, tra gli oppositori di Conte, si ricordano le parole sprezzanti di Grillo nei confronti di Conte, con il caos conseguente. Per amor di patria e dopo la mediazione di Roberto Fico si arrivò alla ricomposizione tra i due, ma nessuno scommette sul fatto che durerà a prescindere. Nel Pd si segue con preoccupazione quanto sta accadendo nel M5S e si aspetta di vedere se alla fine Conte ce la farà a riaffermare la sua leadership: “Perché noi ragioneremo di una possibile alleanza solo con il leader”, precisa un Dem di lungo corso.

 

La Lega di Matteo Salvini è messa peggio del M5S. Oggi il Capitano parla al suo Consiglio federale, spiegando perché da kingmaker si è ritrovato in panchina a dire sì alle scelte degli altri, che per uscire dall’isolamento bisogna per forza far nascere la federazione dei Repubblicani insieme a Forza Italia. E i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni non vedono l’ora di passare all’incasso dopo quello che già si preannuncia come un altro fallimento. Vero che dentro Forza Italia c’è una parte che vuole allearsi col Carroccio per dar vita ad un forte partito di centrodestra. Ma dopo che Salvini si è schiantato adesso vuole dettare le condizioni, mettendo paletti che porterebbero alla morte della Lega per Salvini premier.

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Sentite che dice il ministro Renato Brunetta: “Se Salvini entra nel Partito popolare europeo, aderisce alla famiglia europea, europeista e atlantica, se porta il peso della sua Lega dentro la famiglia popolare, che è quella che ha costruito l’Europa e l’Italia democratica, io lo accoglierei a braccia aperte. Ma se Salvini continua a guardare un po’ di qua e un po’ di là in maniera strabica…“. Il ministro forzista sottolinea che lui preferisce “una piena adesione alla nostra cultura popolare europea. Forza Italia è un pezzo del Partito popolare europeo ed europeista: abbiamo votato Ursula von der Leyen, ci riconosciamo nell’Europa, nell’atlantismo, nella cultura occidentale. Niente Orbán, tanto per essere chiari. Se questo è lo stato dell’arte, Partito popolare per sempre: dà stabilità, certezze, democrazia, crescita, sviluppo, tutela delle minoranze, accoglienza”.

 

Anche il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, tra i primi a guardare in direzione Lega, oggi da leader di Coraggio Italia scuote la testa: “Se si pensa di allargare i contorni politici e valoriali della Lega a tutte le altre anime della coalizione, temo che il progetto fallirà. Se la Lega intende, invece, aprirsi anche a chi, come me e altri centristi, immagina politiche assai diverse da quelle che la Lega ha propugnato in questi anni per confrontarsi all’interno con meccanismi di democrazia, può essere una semplificazione importante”. Per Salvini comincia la traversata del deserto, si potrà consolare con quanto diceva il nostro amico Stanislaw Jerzy Lec: “Spesso la rabbia impotente fa miracoli”.

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