Su WhatsApp i veleni della Lega “A questo punto meglio la scissione”

Lo scontro interno sul Pass nei messaggi tra Salvini e gli eurodeputati Zanni e Donato
di Emanuele Lauria
ROMA — Veleni, sospetti, il timore di una scissione. L’addio dell’eurodeputata Francesca Donato, fra le più visibili esponenti della corrente No Pass che Salvini ha coccolato prima di finire in minoranza, chiude una settimana da tregenda per la Lega. Una vicenda emblematica, quella di Donato, non solo perché è il quarto forfait lamentato dal Carroccio a Bruxelles dall’inizio della legislatura. Ma soprattutto perché questa storia, raccontata dall’inizio anche attraverso messaggi via WhatsApp di cui Repubblica è venuta in possesso, testimonia della profonda spaccatura fra le due anime del partito, di tentativi impacciati per nasconderla e del senso di smarrimento degli eletti.
Lunedì scorso, 13 settembre, il ministro Giancarlo Giorgetti evidenzia tutta la distanza dalle posizioni prudenti di Matteo Salvini: mentre il segretario frena sul Super Green Pass («Non so nulla, voglio vedere la bozza»), il capodelegazione annuncia da Città di Castello l’estensione del lasciapassare sanitario a tutti i lavoratori. Nelle stesse ore va in scena un discusso convegno a Palazzo Madama, organizzato dalla senatrice leghista Roberta Ferrero, sulle cure alternative per il Covid. In un clima di imbarazzo diffuso, si parla di liquirizia e antiparassitari per affrontare a casa l’infezione. La presidente Casellati prende le distanze, Salvini dice di non saperne nulla. Fatto sta che Donato viene invitata, come lei stessa riferisce: «Ero pronta ad andare, c’erano fior di scienziati, ma mi è stato chiesto di non partecipare. Da chi? Dal capogruppo Massimiliano Romeo». L’obiettivo è quello di evitare la sovraesposizione mediatica di un evento che sta dilaniando il partito, fra i cui relatori c’è pure Alberto Bagnai, il senatore che di lì a qualche giorno avrebbe promosso il referendum per abolire il Green Pass.
Obiettivo, va detto, fallito, visto il clamore e le critiche all’ala No Vax della Lega che il convegno ha suscitato.Proprio il via libera al certificato verde per tutti, giunto ufficialmente giovedì a Palazzo Chigi, ha delineato le fazioni in campo nella Lega, certificato la retromarcia salviniana e contemporaneamente – nella controstoria che corre sugli smartphone del Carroccio – rimuove gli ultimi dubbi di Francesca Donato sulla sua permanenza nella Lega. Dubbi che l’europarlamentare aveva già espresso al presidente del gruppo di Identità e Democrazia nel parlamento Ue, Marco Zanni, e al capodelegazione Marco Campomenosi. Al punto da fare irritare Salvini: «Zanni e Campomenosi mi hanno riferito del vostro incontro – scrive il segretario a Donato – Ma la settimana scorsa non mi avevi scritto che l’ultima cosa che volevi fare fosse nuocermi?». La risposta dell’onorevole è più o meno questa: «Non me la sento di tacere e stare a guardare».
Il 16 settembre, il giorno del Consiglio dei ministri sul Green Pass, Donato scrive a Zanni, parlando in codice: «Scusa Marco ma chi c’è per la Lega in cabina di regia? ». Risposta: «GG (Giancarlo Giorgetti, ndr)». Ancora Donato: «Non perde occasione per dimostrare che MS (Salvini, ndr) non conta più nulla». Zanni annuisce, salviniano di ferro, legge così la situazione: «Ormai è così, decide Draghi, lui non obietta e via. Non potrà durare molto, vedrai che qualcosa succederà». In pratica, il dirigente che Salvini ha messo al vertice del maxi-gruppo europeo di Destra ipotizza «un trauma nel governo o un trauma nella Lega. Oppure entrambi». Secondo Zanni «lo status quo non può durare e le amministrative sono un evento che inciderà». Quasi se lo augura, l’influente eurodeputato: «L’importante è che ci sia un evento che tiri fuori MS dal pantano. E se si tratta di una spaccatura nel partito tanto meglio».
C’è già l’aria della sfida interna, per il post voto. Zanni è sicuro: «MS (sempre Salvini) non credo si pensioni in ogni caso e lui i voti li ha. Io – tiene a sottolineare – sarei contento di stare in un partito salviniano anche al cinque per cento ». Grande prova di fedeltà. Ma anche la testimonianza, messa per iscritto, del baratro in cui rischia di scivolare il Carroccio.
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