Sarebbe stato un grave errore non audire l’ex ad di Unicredit.

 

Osservando i lavori della commissione parlamentare di inchiesta sulle banche sembra esistere un’inconsapevolmente perversa attitudine a ingigantire alcune richieste di audizioni o accertamenti che, una volta colpite da reiterati dinieghi per esempio da parte del partito di maggioranza relativa, finiscono col diventare casi macroscopici e dirimenti. Saranno necessari il mestiere e l’esperienza del presidente Pier Ferdinando Casini perché scivolate di questo tipo non si convertano in paradossali capitomboli. Abbiamo già scritto su queste colonne come si sia finito per dare grande corposità alla richiesta di alcune parti, del tutto legittima e ragionevole, di audire Mario Draghi, non nell’esercizio della presidenza Bce ma per il ruolo svolto quale governatore di Bankitalia, a cominciare dall’acquisto di Antonveneta da parte di Mps. Identica situazione si è verificata per le resistenze opposte in un primo tempo all’audizione di Federico Ghizzoni, l’ex ad di Unicredit, sulla vicenda della presunta richiesta ricevuta per valutare la fattibilità di un’aggregazione di Banca Etruria. All’epoca, dopo l’uscita del libro di Ferruccio de Bortoli che conteneva la notizia di una presunta richiesta in tal senso avanzata dall’allora ministro Maria Elena Boschi, era stata unanimemente avvertita l’esigenza di un chiarimento decisivo. Mentre il ministro annunciava che avrebbe adito le vie giudiziarie contro l’ex direttore del Corsera, Ghizzoni si limitava a rispondere in maniera abbastanza criptica dal momento che era vincolato da un obbligo di riservatezza contratto in occasione delle dimissioni da Unicredit. Ma all’epoca quasi tutte le parti politiche, date l’autorevolezza e l’esperienza di de Bortoli, fissarono una sorta di appuntamento per sentire il banchiere in occasione dell’avvio dell’inchiesta parlamentare, anche in considerazione del fatto che, disponendo la commissione dei poteri dell’autorità giudiziaria, la permanenza di eventuali vincoli di diverso genere avrebbe potuto cessare. Lo stesso Ghizzoni, persona integra e moralmente ineccepibile, sembrava aver pacificamente accolto questa prospettiva. Nel frattempo Boschi ha avviato proprio in questi giorni un’azione civile per il risarcimento dei danni contro de Bortoli. Ora c’è il rischio che le due vicende – inchiesta e causa civile – si intersechino, anche perché Ghizzoni potrebbe essere chiamato a deporre pure nella causa, i cui tempi non saranno brevissimi. Si poteva risolvere diversamente questa querelle evitando che si scaricasse sulla commissione di inchiesta? Probabilmente sì, ma occorreva agire rapidamente e con non facili convergenze. Intanto questa audizione a poco a poco nelle ultime settimane ha assunto un carattere cruciale, mentre è cresciuto l’interesse pubblico a conoscere quel che all’ex ad è stato chiesto, se effettivamente sia stato chiesto e soprattutto, in quale modo. Opporvisi adesso avrebbe significato fare di questo argomento uno dei temi principali della prossima campagna elettorale e lasciare nell’opinione pubblica un’immagine di opacità insostenibile. D’altro canto come si sarebbe mai potuto spiegare spiegare che i lavori della commissione finora si sono sviluppati fino a volere fare luce anche sulle virgole nella condotta degli organi di controllo, salvo poi arrestarsi di fronte all’esigenza di un chiarimento divenuto fondamentale proprio per le resistenze e per gli arrière pensèe che ciò alimenta? È però una toppa peggiore del buco mettere in contropartita di questa audizione la richiesta di una serie di altre: queste o sono ben motivate e fondate, e allora non hanno bisogno di essere formulate per bilanciare quella di Ghizzoni, o non lo sono. Chiedere inoltre l’audizione di esponenti bancari già oggetto di indagini penali in corso solleva problemi complessi, essendo essi indagati in un procedimento che sarebbe «connesso». Su questa ultima scelta la commissione ha ancora tempo fino a questa mattina per decidere tempi e modalità. Speriamo che la notte porti consiglio.
MF.
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