Le sardine sono figlie di quelli che non hanno votato la volta scorsa, della maggioranza degli emiliani che cinque anni fa stette a casa, abulica, sfiduciata, indifferente al corso naturale delle cose: chi mai, se non il Pd, avrebbe potuto vincere?

Ecco, oggi non è più così. “C’è una fifa blu in giro, la Lega monta senza un’idea, è una valanga che gode di una forza inerziale: l’emulazione, la voglia cieca e ignorante di un cambiamento”, dice Giuseppe, tecnico comunale.

La piazza VIII agosto è colma di ragazzini e di vecchietti, riempita di sardine di ogni risma: di carta, di plastica, di ceramica. È festosa, giovanile, paziente. “È una forza solare, direi”, spiega Fabrizio Barca, l’unica personalità politica invitata al palco.

La prova di forza riesce in questo 1 maggio bolognese, nel tono della sfida però svela la grande preoccupazione: è in atto una guerra di resistenza. “Resistere, resistere, resistere”, c’è scritto su un lenzuolo bianco. Ed è la prova che i rapporti sembrano già ribaltati, l’egemonia prima culturale e ora anche politica alternativa, il richiamo vincente al sovranismo, al cambio totale purchessia della dimensione dello Stato, che deve vigilare, nel caso bastonare soprattutto.

Barca utilmente spiega che l’Emilia Romagna è la regione che nel quinquennio ha ottenuto la migliore performance nel processo di riduzione delle diseguaglianze. Applausi, ma basteranno?

Qui, questi figli di chi ha perso la fiducia, basteranno a resistere? Ce la faranno a confermare Bonaccini che chiede nei suoi manifesti un’Emilia coraggiosa?

“Quel che è certo è che senza le sardine eravamo già morti, piegati, consunti”, dice Giovanni da Casteldebole. Quaranta anni, carpentiere, una tessera della Cgil: “C’era disaffezione e abulia. Loro ci hanno messo il pepe, e ci hanno detto che possiamo farcela. A me è piaciuta questa cosa”.

Non c’è una bandiera di partito, non una bandiera rossa, nulla a parte i corpi, i tanti pesciolini che hanno deciso di nuotare in mare aperto: “Abbiamo fatto tutto questo senza spendere un euro, con la forza della parola, con l’idea che si possa stare insieme e fare di più, impegnarsi perchè almeno le basi del confronto civile siano svuotate dall’odio che abbiamo ascoltato”.

Mattia Santori è il capo delegazione, i suoi riccioli sono assai televisivi e come ogni cosa che capiti di nuova e di inaspettata, per lui già sono aperte le porte del Paradiso: Zingaretti lo vuole incontrare, le poltrone di Montecitorio sono lì che aspettano.

Domenica prossima le sardine capiranno se avranno fatto ingozzare qualche squalo oppure saranno sfuggite all’orco dei mari.

È un movimento questo, oppure uno stato di ansia collettiva, un fremito che scuote ma poi passa, una voglia di starci ma anche no, di tornare a casa quando la festa sarà finita?

Qui sei ore di musica, mentre Salvini galoppa tra paesi e periferie a portare in dono il suo nuovo proclama: “Processatemi, il popolo italiano sarà con me”.

Non c’è Emilia nelle sue parole e non c’è ragione pratica, evidenza pubblica che possa rendere giustificato l’attacco e possibile la vittoria. “In Umbria il Pd aveva fatto schifo, qui no”, dice Silvia che viene da Narni ma vive a Bologna.

Bella ciao, la canzone della resistenza, che i Modena City cantano, chiude a cerchio la piazza quadrata, la grande spianata dove in quarantamila sono accorsi, un fiume che entra ed esce, e si affida a questi ragazzi, i nuovi arrivati.

La sinistra emiliana cos’è infatti? Dov’è un volto che la faccia rintracciare? Ecco, se proprio dovessimo cercarlo dovremmo andare a Pavana, in casa di Francesco Guccini. È lui, il grande cantautore, il pensatore, il narratore di una società solidale e aperta. Da Guccini si sono fatti ritrarre Mattia e i suoi compagni. Nonno e nipoti.

Non esiste il mondo di mezzo, l’elite progressista, il ceto imprenditoriale, quello universitario. Scomparso dal radar dell’influenza, del dibattito pubblico, annientato dal sommovimento che il leghismo, nuovo partito del popolo, porta nelle coscienze. Cambiare il vecchio abito con uno nuovo., Chiudere a chiave i pensieri, sorvegliare le periferie, cancellare gli immigrati e tutti coloro che danno fastidio, e qui la diversità si fa problema.

Perciò le sardine sono un miracolo, perché nascono dal nulla e in due mesi portano Bologna a sperare. La fanno cantare (anchje i Marlene Kuntz e tanti altri gruppi), la fanno ridere (Il terzo segreto di satira) e dibattere: la mafia che c’è anche qui.

La fifa resta, ma si canta e si balla, per adesso.