UN GOVERNO AGGRAPPATO ALLA RENDITA DI POSIZIONE

La Nota

 

di Massimo Franco

 

La «dottrina Conte» che emerge dai nove giorni di Stati generali dell’economia è abbastanza semplice. Avrebbero rafforzato l’Italia e il governo, «non solo me come presidente del Consiglio», sostiene. Il Paese ha dato una grande prova di sé durante la pandemia. E il coronavirus «mi ha provato e cambiato, spero in meglio», si schermisce il premier. Eppure, per il resto è nebbia. Giuseppe Conte fotografa una fase di totale incertezza sulle cose da fare. E non si capisce se questa sospensione sia un’opportunità o un alibi. Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, avverte che «l’incertezza non vuole dire che non dobbiamo fare niente».

Parla a un governo che sembra riemergere dalla kermesse un po’ esaltato, un po’ frastornato. Il fatto che al Consiglio europeo Conte sia andato senza l’approvazione del Parlamento non lo ha rafforzato nella trattativa. E senza investitura delle Camere le decisioni da prendere a metà luglio rischiano di essere subite dall’Italia. L’idea di abbassare l’Iva, annunciata in modo estemporaneo da Conte alla fine dei lavori, conferma che si procede a tentoni. L’ipotesi si sta già ridimensionando: troppo divisiva e costosa.

Tanto che ieri, intervistato online dal Fatto, Conte ha dovuto precisare che semmai sarebbe un provvedimento limitato nel tempo. «Ora si parla di Iva», si è giustificato, «perché negli incontri con associazioni di categoria e imprenditori è una delle richieste avanzate». Su questo sfondo confuso rimangono dossier aperti da mesi. Il premier si mostra incline, o forse più banalmente costretto, a temporeggiare per non irritare gli alleati e in particolare il M5S.

Il Movimento grillino è alle prese con convulsioni interne senza fine. Scarica le sue tensioni sull’esecutivo ma anche sul Pd, e questo acuisce il nervosismo. E nel limbo si staglia l’incognita di quanto arriverà all’Italia dall’Europa; e soprattutto quando. È sempre più evidente che prima del 2021 difficilmente gli aiuti finanziari entreranno in circolo. E non è da escludersi che risultino inferiori alle intese sottoscritte finora. Sarà una spinta ulteriore ad accettare il prestito del Mes per la sanità, ostracizzato dai grillini ma garanzia di 37 miliardi di euro in tempi più rapidi.

Deciderà il Parlamento, con un’altra coda di polemiche. E il governo andrà avanti, certo di godere ancora per qualche mese di una posizione di rendita sugli avversari: sebbene le rendite alla fine finiscano. L’accordo raggiunto ieri dal centrodestra sulle candidature nelle regioni segna una ricomposizione dei contrasti su posizioni moderate, con la vittoria dei berlusconiani. È il segno che, mentre Palazzo Chigi si aggrappa allo status quo, altrove qualcosa potrebbe cominciare a muoversi: soprattutto se le attese del Paese verranno deluse.

 

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