Rabbia nelle piazze d’Italia guerriglia e bombe carta Torino, negozi saccheggiati

Molotov e cariche da Milano a Catania, accanto a ristoratori e partite Iva anche estremisti di destra e centri sociali. L’indicazione ai prefetti di usare la massima fermezza contro le manifestazioni violent
Il fuoco delle piazze accende il buio della prima serata di semilockdown d’Italia. Torino è devastata nel suo cuore, Piazza Castello. Bombe carta e lanci di bottiglie contro la sede della Regione e poi la violenza dei manifestanti che distrugge le vetrine della strada dello shopping di lusso in via Roma. L’Apple store, Gucci, Geox, le grandi firme finiscono in frantumi, i negozi saccheggiati mentre i manifestanti incappucciati, tra cui le forze dell’ordine riconoscono volti noti degli antagonisti e degli ultras, fuggono inseguiti da polizia e carabinieri dopo un paio di cariche e cercano di coprirsi la fuga con una fitta sassaiola e lancio di molotov.

Saccheggiano tutto quello che trovano, distruggono i dehors di quegli stessi bar e ristoranti i cui titolari erano scesi in strada pacificamente, nella manifestazione convocata a piazza Vittorio, per dire no alle chiusure disposte dal nuovo Dpcm. Almeno due poliziotti finiscono in ospedale, insieme a un fotografo colpito al capo da una bottiglia.

A piazza Castello, davanti al teatro Regio, la notte di guerriglia finisce con gli idranti che cercano di spegnere un fuoco in cui bruciano monopattini e pedane di legno dei dehors distrutti. In dieci vengono fermati, cinque sono ultras. Bloccati anche due nordafricani che avevano approfittato degli scontri per riempire i loro borsoni con i capi firmati e le borse di Gucci. Ma non è solo Torino. La miccia innescata tre giorni fa a piazza Plebiscito a Napoli è già riuscita a propagare il fuoco da un capo all’altro d’Italia: Torino, Milano, Trieste, Lecce, Viareggio, Pescara, Catania, Cremona. L’Italia in rivolta.

Tassisti e titolari di palestre, ristoratori e musicisti, baristi e partite Iva. Tutti insieme, nelle piazze blindate e sotto i palazzi delle istituzioni, a gridare “libertà, libertà” e a urlare tutta la loro rabbia “contro chi ci condanna a morire di fame più che di virus”. Ma, tra di loro, come ampiamente previsto, anche gli agitatori dei centri sociali e delle frange di estrema destra, gli antagonisti e gli ultras.

Guerriglia anche a Milano dove tra i manifestanti che si muovono rapidi da Corso Buenos Aires fino alla sede della Regione Lombardia compaiono anche le catene. E parte una fitta sassaiola e lancio di petardi e bottiglie. Le transenne del Giro d’Italia finiscono nelle scale della metropolitana, danneggiati i dehors di quegli stessi bar e ristoranti i cui titolari erano scesi in piazza pacificamente qualche ora prima.
Ancora tensione anche a Napoli a Piazza Plebiscito illuminata per tutta la sera dai lampeggianti dei mezzi delle forze dell’ordine. Un centinaio di persone forza il cordone di polizia e dà vita a un corteo non autorizzato verso la sede della Regione Campania, mentre a Salerno la casa del governatore De Luca è blindata.
A Roma, a piazza Montecitorio, Giuseppe Conte prova ancora una volta a metterci la faccia incontrando una delegazione di manifestanti e assicurando che i soldi questa volta arriveranno subito. Ma quando, come avvenuto ieri davanti a un ristorante di via Santa Lucia a Napoli, compaiono una bara e i manichini di due camerieri impiccati, i segnali di un Paese sull’orlo di diventare una polveriera ci sono tutti.
Soprattutto quando il capillare monitoraggio degli investigatori, sul web prima e nelle piazze poi, conferma ormai senza ombra di dubbio che a muovere la rabbia delle categorie più colpite dalle chiusure è una composita galassia capace di mettere a rischio l’ordine pubblico. Ecco perché nella cabina di regia del Viminale è scattato lo stato di massima allerta e le indicazioni che sono state date ai prefetti sono quelle della massima fermezza contro qualsiasi manifestazione di violenza consentendo invece, sotto stretto controllo, le pacifiche espressioni di legittima protesta.

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