Perego, vescovo di Ferrara: Salvini strumentalizza la fede.

ROMA. “Nessuno pretende di entrare nella coscienza di questo o quel politico. Però qui ci ritroviamo di fronte a un leader che in maniera contraddittoria si presenta col Vangelo e col rosario e dall’altro lato predica la non accoglienza e il rifiuto dell’altro: ieri il meridionale, oggi lo straniero. Leitmotiv della storia politica della Lega”.

Ecco, appunto, il giuramento sul Nuovo Testamento e un rosario in mano, ai piedi del Duomo di Milano. Che impressione le ha fatto quell’immagine di Matteo Salvini, monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara dal 2017? 
“La prima impressione è quella di una grave strumentalizzazione di due “segni” importanti, fondamentali dell’esperienza cristiana. Per altro da parte di un partito che non si è mai dichiarato di ispirazione cristiana e che si accompagna a una sorta di fondamentalismo cattolico. Contrapposto ad altre forme di fondamentalismo religioso”.

Intende strumentalizzazione a fini elettorali, dunque. 
“Una strumentalizzazione che punta al consenso, alla creazione di una base elettorale, e che in realtà denota una certa incapacità di distinguere tra le reali esigenze della gente e gli strumenti fondamentali di un’esperienza di fede”.

Eppure, il leader leghista ha giurato proprio sul “rispetto degli insegnamenti contenuti nel sacro Vangelo”, testuale. La Chiesa, il popolo dei credenti si può sentire più rassicurato da un leader che pronunci un giuramento del genere?
“È il chiaro tentativo di compiere un salto, all’ultimo miglio dal voto. Dimenticando la storia però: la Lega, se in alcuni casi ha anche accolto e fatto proprie alcune preoccupazioni relative ai temi della vita e della famiglia, in realtà per quel che riguarda il tema del pluralismo religioso, dell’accoglienza, della solidarietà, si è assolutamente distanziata dalle esperienze del cattolicesimo sociale”.

Da qui il richiamo dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini: “Nei comizi si parli di politica”. 
“È giusto che l’ispirazione cristiana muova un cattolico impegnato in politica, ma questo non deve mai portare all’esibizione a fini elettorali di simboli, persone, luoghi. Purtroppo non è il primo caso in questa campagna: chi lo fa per conquistare consensi mostra di non avere ragioni, proposte e argomenti per affrontare la grave crisi sociale e politica che attraversa il Paese. A cominciare dalle due sfide fondamentali: i giovani e l’immigrazione”.

Ecco, lei che è stato direttore generale della Fondazione Migrantes e consultore del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti, come si pone rispetto ad altre proposte alla Salvini, come la chiusura delle moschee? 
“Posso solo dire che la libertà religiosa, il diritto di esercitare il proprio culto nel rispetto ovviamente delle leggi, è tema fondamentale oggi per costruire un percorso di pace e di dialogo sociale. Strade indispensabili da percorrere nel nostro tempo”.

Alla chiusura di questa campagna, si sente più ottimista o pessimista alla vigilia del voto di domenica prossima?
“La speranza è che la politica possa trovare reale ispirazione nella storia culturale e sociale della Chiesa, ma con quella laicità che dopo il Concilio Vaticano II ha caratterizzato anche l’impegno dei cattolici. Non si può far politica contro qualcuno, per di più strumentalizzando i segni di un’esperienza di fede”.