Pecci, ultimo round: l’affondo del Comune.

Giorgio Bernardini

 

PRATO «Mancano le risorse, il modello di gestione non è adeguato», va dicendo da mesi il direttore del Pecci. «Se avesse un degno sussulto dovrebbe andarsene domani», gli risponde oggi l’assessore alla cultura. Lite sulle prospettive, i numeri, il denaro del budget e infine sui toni. Che il rapporto fra il direttore (in scadenza) del Centro Pecci Fabio Cavallucci e l’amministrazione comunale fosse giunto ai titoli di coda era noto da tempo. Proprio Cavallucci, con una serie di dichiarazioni, non aveva fatto mistero di considerare fallimentare lo scambio con l’ambiente circostante, a partire dal ruolo del Comune. In una lettera pubblica, due mesi fa, accusava senza mezzi termini l’ente di «ingerenze improprie nella gestione». I bersagli alternati sono l’assessore comunale alla Cultura Simone Mangani e la presidente del consiglio della Fondazione che sovraintende al museo, Irene Sanesi. Proprio in risposta a quest’ultima Cavallucci è intervenuto sul magazine on line di settore Artribune dove ribadisce le proprie perplessità, a partire dalle modalità della sua mancata riconferma. Cavallucci aveva un contratto di tre anni: un incarico scaduto a marzo che poteva proseguire con un nuovo mandato e che tuttavia non gli è stato proposto. Dalla sua Cavallucci ha i numeri della mostra di apertura del museo rimesso a nuovo: La fine del mondo , contò 15 mila visitatori già nella prima giornata. Tuttavia pare che a partire da quel momento – lo scorso ottobre – nulla sia girato nel verso giusto. Ed oggi, dopo numerosi siluri di Cavallucci, lo scontro si palesa con la risposta al vetriolo di Simone Mangani. «Se il direttore del Pecci avesse un degno sussulto dovrebbe andarsene domani. Nessuno glielo chiederà, sia chiaro. Sta a lui decidere se fare gli scatoloni ora oppure rimanere per altri 62 giorni collaboratore, ben remunerato, di un’istituzione sulla quale sta inutilmente tentando di gettare discredito». Mangani si è sentito in dovere di rispondere all’ultimo attacco del direttore, che a gennaio sarà sostituito da un successore per cui è in corso la procedura di selezione (di nove candidature un consiglio di saggi ne sceglierà tre, sino ad arrivare alla designazione a gennaio). «Lui — spiega ancora Mangani — attacca tutti, come un bambino cui sia stata tolto il giocattolo: un giocattolo per il quale la comunità ha investito 15 milioni di euro e che non può essere ostaggio delle bizze di nessuno». E pensare che Cavallucci era stata una scelta sofferta, compiuta dal museo nella direzione della «misura». Il suo nome, 4 anni fa, fu partorito all’ombra della rumorosa candidatura di Vittorio Sgarbi, proprio in contrapposizione alla vis polemica del critico d’arte. Ma si sa, sia l’arte contemporanea che la politica sono ambiti di difficile decifrazione, l’incomprensione è sempre dietro l’angolo

 

Mercoledì 1 Novembre 2017 Corriere Fiorentino.

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