Open, Renzi invoca l’immunità e chiede l’intervento del Senato

La richiesta della difesa: «Non si possono utilizzare mail e sms di un parlamentare»

A.Moll.

 

Renzi si appella all’immunità parlamentare e il caso Open approda ufficialmente in Senato. Dopo l’estate i difensori del senatore Matteo Renzi, l’ex premier indagato per finanziamento illecito, hanno presentato alla Procura di Firenze «formale intimazione di astenersi dallo svolgimento di qualsivoglia attività investigativa preclusa dall’articolo 68 della Costituzione e dell’articolo 4 della legge 140/2003, nonché dall’utilizzare conversazioni e corrispondenza casualmente captate senza previa autorizzazione della Camera di appartenenza».

L’articolo 68 della Costituzione stabilisce che «senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza». La legge 140 prescrive che qualora sia necessario eseguire nei confronti di un membro del Parlamento intercettazioni, «in qualsiasi forma», di conversazioni o comunicazioni ovvero acquisire tabulati di comunicazioni «l’autorità competente richiede direttamente l’autorizzazione della Camera alla quale il soggetto appartiene».

A questa richiesta il procuratore aggiunto Luca Turco, titolare dell’inchiesta sulla Fondazione Open, aveva risposto spiegando che le mail e i messaggi finiti agli atti dell’inchiesta si possono utilizzare nell’inchiesta perché provengono da altri indagati che non godono di guarentigie.

Nei giorni scorsi la presidente del Senato Casellati ha formalmente informato il procuratore aggiunto Turco che la questione è ora al vaglio della Giunta per le immunità parlamentari.

Nei giorni scorsi il procuratore aggiunto Turco e il pm Antonino Nastasi hanno inviato l’avviso di conclusione delle indagini a 11 indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione che ha finanziato la scalata di Renzi da sindaco di Firenze a premier raccogliendo in sei anni oltre 7 milioni di euro: Renzi e quelli che erano i suoi più stretti collaboratori, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Marco Carrai, Alberto Bianchi, ex presidente della Fondazione, sono indagati per finanziamento illecito, dal momento che gli inquirenti ritengono che la Fondazione abbia agito da articolazione di partito. Adesso gli indagati avranno tempo 20 giorni per chiedere alla Procura di essere interrogati. La Procura, a quel punto, potrà chiedere l’archiviazione o presentare richiesta di rinvio a giudizio.

 

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