“Che poi quello che mi ricordo l’anno scorso, quando c’erano gli altri colleghi che sono stati trasferiti, sai a Zelig? Quando quello diceva: vatti a fare 5 minuti di vergogna, quando si metteva nell’angolo 5 minuti”. Non erano comiche quelle che andavano di scena al terzo piano del blocco C del carcere di Torino. Ma una sorta di tragedia, quasi ordinaria, se si leggono le parole di denuncia inviate da un professore che insegna dentro alle Vallette agli inquirenti: “Il blocco C è il girone infernale. Gli schiaffi allegri non sono finiti. Più di un detenuto italiano di mezza età e con alti livelli di istruzione mi riferiscono tra le lacrime che lì si perde la dignità”.

La testimonianza dell’insegnante compare nelle 5800 pagine di atti dell’indagine sulle presunte torture messe in atto da 21 agenti, svolta dal Nucleo investigativo della polizia penitenziaria e coordinata dall’aggiunto Enrica Gabetta e Francesco Saverio Pelosi. Ex direttore ed ex comandate della penitenziaria delle Vallette sono indagati per favoreggiamento, altri due sindacalisti per aver rivelato segreti d’ufficio. In totale sono 25 le persone coinvolte – difese dagli avvocati Luca Bruno, Enrico Calabrese e Loredana Gemelli – e almeno 10 le parti lese. Dalle intercettazioni registrate negli ultimi due anni si comprende come, per alcuni poliziotti, si trattasse soltanto di un “gioco”. Per la Procura invece quegli agenti avrebbero commesso violenze e sevizie in maniera continuata e costante: ecco perché viene contestata la tortura. Diceva un agente alla fidanzata: “E niente, mo’ ce ne rientriamo, andiamo a dare i cambi che oggi mi sto divertendo?”. Rispondeva lei: “Ah sì? A menà?”. La replica: “No, oggi stile Israele anni 40”. C’è anche un altro aspetto inquietante: i trattamenti sanitari obbligatori. Un giovane carcerato, che frequenta con profitto il secondo anno di liceo, viene obbligato a fare un Tso. Per raggiungere l’ambulanza che lo aspetta fuori dal Lorusso e Cutugno, gli agenti lo avrebbero obbligato a percorrere, a piedi nudi, in mutande e con un bavaglio in bocca, l’intera sezione. Una scena che, scrivono gli inquirenti, lasciò le insegnanti che assistettero “molto turbate”. Fuori dall’ospedale Molinette, dove il ragazzo verrà portato, un’insegnante sentirà dire da un agente: “Se fosse per me l’avrei sciolto in un bidone di acido”.

La notte tra il 24 e il 25 dicembre un altro detenuto viene sgridato perché il lenzuolo è sistemato male. Un agente “ubriaco” lo sbatte contro la porta e lo prende a pugni in un occhio. Nessuno porta il ferito in infermeria. Scrive la Procura: “Più persone assistono al fatto e nonostante i numerosi tentativi di farsi accompagnare in infermeria, soltanto dopo tre ore verrà portato dal medico”. La vittima denuncia. Pochi giorni dopo qualcuno darà fuoco alla sua cella. La punizione che invece avrebbero inflitto alcuni poliziotti a un anarchico di 24 anni appena arrivato in cella, che aveva imbrattato il muro con una scritta, sarebbe stata quella di privarlo della forchetta. In un clima nero, dove le violenze sarebbero state quasi all’ordine del giorno – con 166 “incidenti” avvenuti tra il primo gennaio e il 2 ottobre 2018, molti dei quali etichettati come “cadute dalle scale” – tra i detenuti delle Vallette qualcuno si salvava grazie alla solidarietà. Nel caso di un uomo che sarebbe stato picchiato più volte dagli agenti, fu il compagno di cella medico a rendersi conto della gravità del caso e a denunciare, dopo aver visto i lividi sulla sua schiena. Restano poi una serie di misteri. Come il giovane ricoverato in coma in ospedale il 12 dicembre 2019, entrato alle Vallette quando pesava 80 chili. Dopo pochi mesi ne aveva persi 30. La Garante dei detenuti lo scorso dicembre scriveva: “Il giovane racconta degli svenimenti e si presenta in sedia a rotelle. Riferisce di non riuscire a ingoiare più nulla. Ha le labbra completamente aride e di colore scuro. Fatica a esprimersi per l’assunzione massiccia di Valium. Ha le stesse sembianze di Stefano Cucchi”. E, prima del coma, il 4 dicembre, la garante aveva addirittura chiesto “un intervento urgente esprimendo timore per un imminente evento critico”.