Mps, basta con lo sfogatoio Una voce sola in assemblea

Siena, il 18 maggio assise a Rocca Salimbeni ma senza azionisti: per loro parlerà un unico delegato

Giulia Maestrini

 

SIENA L’assemblea dei soci del Monte dei Paschi, chiamata ad approvare il bilancio e a nominare il nuovo management dopo l’addio già ufficializzato dell’ad Marco Morelli, si farà il 18 maggio. E sarà diversa. Innanzitutto, perché per la prima volta, almeno da quando la banca è una società per azioni, è convocata a Rocca Salimbeni, la sede storica e monumentale che affaccia sul Corso. Addio al grande auditorium della sede operativa di viale Mazzini, subito fuori dalle mura, che l’ha ospitata negli anni recenti, con lauto buffet allestito per le centinaia di azionisti che accorrevano da tutta Italia. Stavolta non servono i grandi spazi: l’emergenza coronavirus ha cambiato il volto anche alle assemblee. Mica solo quella del Monte: adesso si fanno da remoto.

L’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto — come si legge nella convocazione — potranno svolgersi «esclusivamente tramite conferimento di apposita delega al Rappresentante Designato», che sarà una società esterna. In audioconferenza ci saranno le figure strettamente necessarie: il presidente Stefania Bariatti e l’ad Marco Morelli, il notaio, i legali, «nonché dirigenti, dipendenti della banca e di società del Gruppo Mps, rappresentanti della società di revisione e gli altri soggetti la cui presenza sia ritenuta utile in relazione agli argomenti da trattare». E, ovviamente, il rappresentante designato in nome e per conto di tutti gli azionisti: a lui saranno conferite le deleghe con le indicazioni di voto sui singoli punti all’ordine del giorno.

Sarà dunque un’assemblea molto diversa da quelle che si sono viste negli ultimi anni: un po’ rito collettivo, un po’ «affresco» della vita cittadina, nel bene e nel male. Lì si sono consumate le battaglie furibonde sugli aumenti di capitale e la guerra fredda tra Alessandro Profumo, allora a capo delle Banca, e Antonella Mansi, già presidente della Fondazione. Lì calò Beppe Grillo nel 2014, improvvisando uno show negli uffici, volendo entrare senza aver portato il documento d’identità, poi usando i 10 minuti di intervento concessi a ogni azionista avente diritto al voto per dire la sua sulla crisi del Monte (che era in piena bufera) e andarsene. Lì si sono ascoltati interventi di ogni tipo, in cui si rimbalzava dai testi di alta finanza alle citazioni di Dante Alighieri, senza dimenticare quando un ex consigliere comunale e assessore tuonò contro «gli orgiastici ed i pervertiti hanno gestito la città negli ultimi anni» (era il 2013). Lì i piccoli azionisti hanno messo in discussione i conti, hanno attaccato il management, hanno chiesto a gran voce azioni di responsabilità. Non stavolta, tutto cancellato da una teleconferenza. O meglio dal coronavirus. «L’ultimo atto c’era già stato — afferma Romolo Semplici dell’associazione Buongoverno che riunisce i piccoli azionisti — ormai con lo Stato al 68% l’assemblea è solo un atto simbolico. Ma non poter partecipare è comunque una forzatura e una mortificazione».

 

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