Ma Rossi chiude la porta: “Non vedo le condizioni per allearsi con Matteo”.

 

Intervista
“Non capiscono lo strappo, e addirittura attaccano Grasso”
«Non vedo le condizioni per un’alleanza col Pd alle prossime politiche. Due settimane fa Roberto Speranza ha lanciato un ultimo appello a Renzi, “Fermiamoci a riflettere sulla legge elettorale e niente voto di fiducia”. La risposta sono stati altri 5 voti di fiducia, Pietro Grasso ha lasciato il Pd parlando di una violenza contro il Senato. Parole che sono ancora più credibili perché dette da un uomo delle istituzioni». Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, è uno dei coordinatori di Mdp, l’unico tra i big del nuovo partito che ancora governa insieme ai dem. Lei che governa la regione col Pd dovrebbe essere tra i più attenti alle parole di Renzi che ha detto di volere una coalizione di centrosinistra “senza veti”. «Si sono approvati questa legge con una grave forzatura e nell’apoteosi di Verdini e ora scoprono che serve una coalizione? Non mi pare che nella discussione fatta dal Pd e nelle parole di Renzi, sia emersa la gravità di quello che è stato fatto, uno strappo irreversibile. Anzi, è stato detto che Grasso parla come un ultras». Questo è il motivo del vostro no? «Le distanze sui programmi sono molto forti, Renzi ha fatto politiche neo-reaganiane che hanno aumentato le diseguaglianze. Ormai è un partito di centro che guarda a destra. Non significa che il Pd sia il nostro nemico, o che non si possa discutere sulla base dei programmi dopo le elezioni. C’è una parte del Pd che è più sensibile ai temi che poniamo, penso a Cesare Damiano sulle pensioni o sui licenziamenti. Si potrà fare in modo pacato, senza invettive, senza ricorrere sempre a categorie psicologiche come il rancore». Renzi ha detto che senza il Pd “non c’è la rivoluzione socialista ma c’è Di Maio”. «Questi appelli alla sacra unione non mi paiono convincenti per quegli elettori che hanno smesso di votare Pd. Anzi, credo che molti che si sono rifugiati nel M5S possano tornare indietro di fronte a una nuova sinistra. Per anni si è andati avanti col meno peggio e così siamo arrivati al peggio. Ora basta». Non voterete la legge di Bilancio? «Io non sono in Parlamento ma non la voterei. Si continua con i tagli alla sanità e al sociale, scaricati sulle regioni ma sempre sulla pelle dei cittadini. Sono politiche vecchie. Non mi convince la decontribuzione per assumere i giovani: gli imprenditori mi dicono che non incentiva le assunzioni, per una vera ripresa servirebbero investimenti pubblici che sono sempre di meno». Nel Pd molti big stanno pressando Renzi per fare una alleanza anche con voi. Se dite no non rischiate di passare per quelli che fanno vincere il centrodestra? «Con i collegi, al Nord il Pd perde anche se si allea con Superman. Al centro i loro dirigenti dicono che vincono in ogni caso e il sud è una grande incognita. Insomma, non vedo neppure per il Pd una grande necessità di fare accordi con noi. Gentiloni? E’ vero, ci sono accenni di dialettica interna, ma non portano mai a un ripensamento. Alla fine prevale sempre Renzi, gli altri fanno al massimo la parte dei sottufficiali. Ma purtroppo Matteo usa il vecchio schema che non funziona più, e non si adegua al cambiamento dei tempi. Non ascolta l’insegnamento del Machiavelli». Vuol dire che nel Pd gli altri big non contano? «La svolta in quel partito ci doveva essere il 5 dicembre, dopo il referendum. Dirigenti come Franceschini, ma anche Delrio, avrebbero dovuto chiedere un congresso vero e rimescolare le carte. E invece hanno di fatto accettato la trasformazione nel partito di Renzi». Dopo il voto in Sicilia le cose potrebbero cambiare? «Noi guardiamo con vivo interesse a quello che accade tra i dem, ma davvero non credo che cambierà molto. Chi potrebbe cambiare la linea di Renzi? Lui è stato legittimato dalle primarie, e andrà avanti per la sua strada».
La Stampa.
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