Francesco lancia la sfida a Trump con il primo cardinale afroamericano

L’arcivescovo di Washington, Wilton Gregory, è uno dei 13 nuovi porporati annunciati dal Papa. Sgridò Donald per l’uso politico della religione
Domenico Agasso jr
CITTà DEL VATICANO
Mancano nove giorni alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti e papa Francesco all’Angelus annuncia la nomina del primo cardinale afroamericano della storia: Wilton D. Gregory, l’arcivescovo di Washington, che non ha esitato ad attaccare pubblicamente Trump nei giorni infuocati delle proteste di Black Lives Matter. L’incarico di pastore della Capitale Usa è considerato il più influente della Chiesa americana, snodo cruciale e imprescindibile delle relazioni con il potere politico. Tradizionalmente ha stretti rapporti con i presidenti e i diplomatici, oltre che con i leader della cultura. Dunque se resterà inquilino della Casa Bianca, il tycoon avrà come «scomodo» vicino di casa non più «solo» il Capo della diocesi, ma una nuovo simbolo porporato della Chiesa universale, potenziale protagonista di un eventuale Conclave. Wilton Daniel Gregory, 72 anni, originario del South Side di Chicago (dove è cresciuta Michelle Obama), nell’Illinois, si è convertito al cattolicesimo da teenager. È considerato un progressista, vicino alle sensibilità del pontificato argentino su questioni come l’ecologia, le migrazioni e la pastorale con le persone omosessuali. «Ma riesce a farsi apprezzare anche da molti cattolici della galassia opposta, i “cultural warriors” (“guerrieri culturali”) delle battaglie contro l’aborto e in difesa della famiglia “tradizionale”», dice un prelato d’Oltretevere esperto di geopolitica ecclesiastica. Prima di diventare arcivescovo di Atlanta, Gregory è stato vicecapo e poi capo dei vescovi Usa per tre anni. Ha reclamato con forza una svolta in Vaticano per proteggere i bambini vittime degli abusi sessuali emersi dallo scandalo rivelato dal Boston Globe nel 2002. Ed è stato tra i promotori della «Carta di Dallas» finalizzata alla protezione dei minori.
Bergoglio ha «molta stima di lui e di ciò che rappresenta», racconta il prelato della Santa Sede. E infatti Francesco sceglie Gregory come guida della Chiesa di Washington il 4 aprile del 2019, anniversario dell’assassinio di Martin Luther King, ucciso a Memphis in Tennessee nel 1968. C’è chi interpreta il ruolo affidato a Gregory una sorta di prologo alle richieste del movimento Black Lives Matter contro il razzismo. A maggior ragione dopo il 2 giungo scorso, quando Trump con la First Lady Melania è andato al santuario nazionale di Washington, che contiene un’ampolla di sangue di papa san Giovanni Paolo II. Il Presidente ha incassato la dura critica del vescovo «dirimpettaio», che ha denunciato l’uso politico della religione: è «incomprensibile e riprovevole» che un centro cattolico «si sia lasciato così vergognosamente strumentalizzare e manipolare in un modo che viola i nostri principi religiosi, che ci chiedono di difendere i diritti di tutte le persone, anche di quelle con cui non siamo in accordo». Il Presule rincarava la dose ricordando l’impegno di Wojtyla per i diritti umani e condannando «l’uso dei lacrimogeni e di altri deterrenti per mettere a tacere, disperdere o intimidire i manifestanti per una photo opportunity», un riferimento alla foto di Trump con Bibbia in mano davanti alla Saint John’s Episcopal Church su Lafayette Square. Ieri le prime parole del neo cardinale sono state di ringraziamento al Papa «per questa nomina, che mi permetterà di lavorare più strettamente con lui nell’occuparmi della Chiesa di Cristo».
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