Dati allarmanti nel terzo focus sull’economia della Ires Cgil Tra aprile e luglio autorizzate 110 milioni di ore di cassa integrazione
di Ilaria Ciuti
Senza il blocco dei licenziamenti, a fine di questo maledetto 2020, la Toscana rischia di vedere andare in fumo più 90 mila posti di lavoro. Un nuovo lockdown costerebbe alla Toscana 2,4 punti di Pil. Senza contare che già finora si prevede che il Pil travolto dalla pandemia si attestì a fine anno a ben 15 punti percentuali in meno del 2008, anno di inizio della crisi finanziaria. Peggio che nel resto d’Italia, seppure con un possibile rimbalzo positivo nel 2021 superiore non solo alla media nazionale ma anche a quella delle regioni del Centro Nord. Ce lo dice il terzo focus sull’economia toscana 2020 dell’Ires Cgil che scompone i dati provincia per provincia, rivelando che chi soffre di più è la Toscana del centro che perderà a fine 2020 l’ 11,5% di Pil, seguita dalla costa con un meno 11,1% e dal Sud a meno 10,9%. A fine 2020 il Pil italiano dovrebbe contrarsi rispetto all’anno precedente tra meno 10% e meno 12%, il Centro Nord peggio del Mezzogiorno, la Toscana, una delle regioni più colpite dagli effetti della pandemia, con una contrazione del Pil dell’11,2% di media.
« Una congiuntura allarmante, sulla quale pesano le forti incognite legate alla riacutizzazione della pandemia e della dinamica dei contagi » , spiega l’Ires. Ipotizzando anche che la caduta via Covid sia stata agevolata dalle fragilità già presenti nell’economia toscana degli ultimi anni. Il quadro del focus è allarmante. Le ore dì cassa integrazione ( cig), che sono la foto della mancanza di lavoro, hanno superato la cifra da capogiro di 110 milioni solo in quattro mesi, tra aprile e luglio. « Numeri inconfrontabili con quelli precedenti — sottolinea l’Ires — Nei primi sette mesi del 2019 le ore di cig autorizzate dall’Inps erano 12,5 milioni», negli stessi mesi del 2018 erano state 8,5 milioni e nel primo trimestre 2020, prima della pandemia, 3,3. Dopo, la situazione è precipitata e sono state autorizzate 46,6 milioni di ore ad aprile, 30,35 a maggio, 13,23 a giugno e quasi 20 a luglio.
Traballa anche l’export che nel primo semestre dell’anno arretra addirittura del 15% in media. La perdita maggiore è prevista per Pistoia che, spiega l’Ires, somma l’esaurimento delle commesse di Hitachi Breda alle difficoltà del sistema moda (meno 47%), seguita da Massa Carrara. Più a distanza, Lucca ( meno 14%), Firenze (meno 17%) e Grosseto ( meno 10%). Quanto all’occupazione, nei cinque settori più a rischio ( spettacolo, trasporti, ristorazione, manifattura, commercio), si prevedono a fine 2020 in Italia tra 630 e 760 mila lavoratori in meno. Per la Toscana la previsione è in percentuale peggiore con una perdita tra 48 mila e 60 mila occupati che diventerebbero 90 mila senza il blocco dei licenziamenti.
Di « terremoto » e « spirale recessiva violenta » parla il presidente dell’Ires Toscana, Gianfranco Francese: « Il Covid ha agito sull’economia toscana come un terremoto, approfondendo a dismisura le faglie di criticità già esistenti con previsioni che lasciano ipotizzare una spirale recessiva violenta nel 2020 con saldi negativi del 14,4% nell’industria, del 12,1% in edilizia e del 9,3% nei servizi » . A farne le spese, e non poco, sarà, avverte Francese, l’occupazione, finora tamponata con gli ammortizzatori sociali, «ma chissà cosa accadrà con l’inizio del 2021». Per non stare solo a piangere, Claudio Guggiari (segreteria toscana della Cgil) passa al da farsi: « È necessario rinforzare i settori produttivi, a partire dalla manifattura, e potenziare le infrastrutture, sia materiali che digitali » . Ma intanto, aggiunge, « sono fondamentali la proroga del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione » . Guggiari rinnova l’appello al governo ma, se così non fosse, avverte: « Senza risposte, saremo pronti a mobilitarci». Alla nuova giunta regionale il sindacato chiede « di convocare le parti sociali per dare gambe al ” Patto per lo sviluppo” che abbiamo firmato l’anno scorso e per lavorare sui tanti dossier aperti».