- Si è ribaltata la tempistica dei mandati. Quel che prima era a termine, capi di Stato e di partito, sembra destinato a prorogarsi oltre i limiti se non addirittura proclamarsi a vita.
- Lasciamo a margine la nostra presidenza della Repubblica comunque segnata per la prima volta, tendenzialmente anche l’unica, dal duplice mandato di Giorgio Napolitano, a colpire è la “fine-leadership mai” concepita dal duo Vladimir Putin-Xi Jinping.
- Come a dire: i Papi cambiano, non necessariamente perché muoiono, gli autocrati restano avendo trasferito nelle rispettive costituzioni l’antica prassi dei conclavi.
Alla fine Felicetto de li Caprettari, il cardinale peggio messo in salute diventava Papa. Il decano giudicava quella la soluzione migliore, un papato di transizione dopo che le anime nere di Piazza-Colonna e Canareggio, il secondo aveva pure tolto di mezzo il Papa ultimo, avevano sterminato uno appresso all’altro i sostenitori rispettivi in un conclave inchiodato al pareggio delle schede.
Con un però, che il morituro Felicetto, asceso al sacro soglio, per miracolo “risorge” dal letto di agonia, lì dove si era costretto in una studiata pantomima e così, in pienezza di potere, manda all’altro mondo i due cardinali molesti.
Satira di stile con Manfredi, Mario Scaccia, Sergio Graziani a sorreggere la Roma complottarda e papalina cara a Luigi Magni. Signore e Signori, buonanotte, il film costellato di altri episodi noti, è del 1976. Vuol dire trentacinque anni prima del Papa dimissionario di Nanni Moretti in Habemus Papam, a sua volta in anticipo di due sulla rinuncia di Benedetto XVI e l’arrivo in Santa Marta di Francesco, il primo a benedire il mondo venendo dall’altra parte del mondo.
LE PAROLE DI BERGOGLIO
Ecco perché le parole del Papa in carne, quello di ora, rilanciate l’altro giorno stupiscono, e ci mancherebbe, ma al fondo non sconcertano. «Sono ancora vivo – ha scritto Bergoglio – nonostante alcuni mi volessero morto«. Proseguendo, «So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio, sto bene».
Ahi, che rabbia non poter chiedere a Magni che si prova a sceneggiare una storia di fantasia (oddio, non lo era neppure allora, ma con lo sguardo retrospettivo, non certo contemporaneo) e ritrovarsela trasposta, senza gli aspetti cruenti, nell’attualità.
Eppure succede in una capriola di logica che un tantino spiazza per un paio di motivi. Il primo può sembrare anche il meno importante, ma non lo è. Si è ribaltata la tempistica dei mandati. Quel che prima era a termine, capi di Stato e di partito, sembra destinato a prorogarsi oltre i limiti se non addirittura proclamarsi a vita. Lasciamo a margine la nostra presidenza della Repubblica comunque segnata per la prima volta, tendenzialmente anche l’unica, dal duplice mandato di Giorgio Napolitano, a colpire è la “fine-leadership mai” concepita dal duo Vladimir Putin-Xi Jinping. Come a dire: i Papi cambiano, non necessariamente perché muoiono, gli autocrati restano avendo trasferito nelle rispettive costituzioni l’antica prassi dei conclavi.
L’altro motivo riporta alle frasi di Francesco. E qui la materia diventa oltre modo seria perché la Chiesa secolare annovera misteri e conflitti indagati dalla storia, ma se stiamo all’amarissma confessione del primo gesuita a guida del Vaticano si riceve l’impressione che lo scontro aperto più che alla sola successione (spero la più tarda possibile) investa il suo ancoraggio a una Chiesa rifondata, ma che molti vorrebbero lasciare com’è o, peggio, riportarla un passo indietro nel tempo.
Si dice che quand’era “solo” l’arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio confidasse a pochi che frequentando gli ambienti curiali temeva di perdere la fede. Vero o meno sia l’aneddoto qualcosa dice e al fondo giustifica la tesi all’apparenza ardita che il radicalismo evangelico di questo pontificato possa condurre a una emancipazione della Chiesa dal Vaticano, qualcosa di impensabile o irrazionale a coltivare le categorie classiche o storiche, ma concretamente possibile se, invece, proviamo a usare le logiche di un mondo capovolto.
Al fondo per la Chiesa di Roma un esito simile vorrebbe dire emanciparsi da un assetto ecclesiale e, se è lecito dirlo, geopolitico, che quella istituzione ha contrassegnato per secoli. Ma tutto ciò darebbe anche un senso unico e “rivoluzionario” al Papa venuto dalla fine del mondo. E allora forse l’aver preso residenza fuori dai canoni rifletteva dal principio quella volontà di ricondurre il cattolicesimo del terzo millennio all’ideale delle prime comunità cristiane.
La sintesi? Il conclave non ha proclamato Papa Felicetto de li Caprettari, questo no. Però che al sacro soglio vi sia un uomo di fede indisponibile a tacere e non agire, questa ancora di più dopo la sua ultima uscita pare una laica verità.