La sinistra si unisca evitando i personalismi.

di Massimo Bray

Al termine di questo mese di agosto, le forze politiche saranno chiamate ad affrontare la campagna elettorale per le elezioni regionali siciliane.

Sarà un test importante per capire, da una parte la capacità del Movimento 5 Stelle di attrarre consensi e proporsi come forza di governo, dall’altra la possibilità per il centrodestra e il centrosinistra di aggregare le differenti anime presenti al loro interno.

Ma, subito dopo, si aprirà la fase più delicata per il nostro Paese, nella quale sarà necessario, come richiamato dal nostro presidente della Repubblica, assicurare una legge elettorale capace di rispondere almeno ai rilievi sollevati dalla Corte costituzionale e dovrà emergere la capacità delle forze politiche di presentarsi all’elettorato con un programma di idee e riforme convincenti. Quello che mi auguro è che le forze politiche affrontino con spirito responsabile la prima necessità e che la sinistra riesca a elaborare le scelte necessarie ed opportune per un programma di riforme e a non dividersi su sterili polemiche che servirebbero soltanto a sancire la sua sconfitta.

Per far questo occorre, a mio avviso, condividere un presupposto: la crisi che abbiamo vissuto e ci accompagna è una crisi democratica, per uscire dalla quale bisogna ripensare le modalità e le scelte politiche dell’ultimo trentennio. Questo vuole dire che l’epoca della globalizzazione «felice» è finita, che dobbiamo fissare delle regole per il capitalismo, stabilire le forme più opportune per ridare dignità al lavoro, avviare un cambiamento nelle politiche fiscali e in quelle ambientali.

La partecipazione delle rappresentanze sindacali, sul modello tedesco, alla vita delle imprese, l’aumento del minimo salariale potrebbero essere, ad esempio, temi condivisi, scelte necessarie per contrastare l’impoverimento di una parte cospicua della popolazione e creare uno spirito di solidarietà nel rilancio del Paese. Dovremo quindi definire risposte certe e non ambigue al modello di egemonia economica e antropologica di questi ultimi decenni, per il superamento di un sistema iniquo che ha favorito l’accumulo di enormi ricchezze nelle mani di pochi e l’acuirsi di forme di diseguaglianza e precarietà ormai insopportabili.

Ma dobbiamo fare attenzione al fatto che non siano le forme di aggregazione politica di «destra» a difendere le parti più svantaggiate della società e a dare risposte «nazionaliste» alle differenti paure delle aggressioni esterne. Se la sinistra vorrà essere un’alternativa virtuosa, capace di trasformare la protesta e lo scoraggiamento in scelte coinvolgenti, se vorremo vedere le nuove generazioni andare al voto motivate, dovrà con coraggio ripensare al ruolo e alle funzioni dello Stato non più ridotto ad entità «residuale», ma capace di difendere le forme della democrazia e di creare lavoro grazie ad una politica coraggiosa di investimenti pubblici e all’individuazione delle forme più opportune per incentivare quelli privati.

Uno Stato erogatore di servizi pubblici di qualità, che elabori scelte per affrontare i cambiamenti climatici, che investa nella formazione e creda nella necessità di restituire ai cittadini il valore della rappresentanza. Una sinistra che abbia fiducia nelle possibilità per l’Italia e per gli italiani di creare le basi per un nuovo rinascimento sociale e culturale, fatto di speranze e di opportunità, di idee e contenuti. Una sinistra che abbandoni le divisioni «personalistiche», le forme partito in cui oggi si configura, i cui leader prepongano l’interesse comune a quello individuale, e che scelga un nuovo soggetto i cui rappresentanti siano donne e uomini capaci di elaborare un nuovo linguaggio e nuove forme di aggregazione della politica. Una sinistra di governo consapevole che da sola non ha la maggioranza per governare, né per favorire un reale cambiamento sociale. Una sinistra che riconosca che nel Pd ci sono donne e uomini che hanno la stessa determinazione di superare le divisioni, di riconoscere gli errori di prospettiva degli ultimi decenni, di valorizzare le nuove dinamiche sociali, di mettere al centro di un progetto di governo i temi della democrazia e dell’eguaglianza, di elaborare una visione alternativa dell’Europa, di definire un’idea comune del nostro Paese. Una vera «sfida democratica».

 

  • Lunedì 28 Agosto, 2017
  • CORRIERE DELLA SERA