La nuova amministrazione romana: un sospiro di sollievo?

Scampato il pericolo di una vittoria elettorale della destra, tutti i nodi della sindacatura Gualtieri, in particolare quello della costruzione di un termovalorizzatore

Quando il 18 ottobre scorso è stata annunciata la vittoria elettorale di Roberto Gualtieri, non pochi hanno tirato un sospiro di sollievo. Qualcosa di analogo è accaduto in questi ultimi giorni, quando abbiamo trattenuto il respiro per l’esito delle elezioni in Francia e, insieme, per le sorti dell’Europa. Ma, considerando l’insoddisfazione e la stanchezza degli elettori, abbiamo subito capito che si trattava, ancora una volta, di un momento di sollievo piuttosto che di vera gioia. È intorno a questo sollievo, della durata di un sospiro, che ruotano le brevi riflessioni che seguono.

Gualtieri è stato eletto dopo mesi di timori che la capitale del Paese, dopo cinque anni di “vuoto”, potesse finire nelle mani di una destra sempre meno all’altezza di una seria alternanza. Ma se è diffuso il giudizio negativo sulle passate consiliature tra malgoverno e “non-governo” (che funziona altrettanto bene all’interno di un’idea di politica, di Stato o di res publica, oscillante tra neoliberismo e populismo), non altrettanto condivisa è l’idea su quale modello di governo urbano la nuova giunta stia perseguendo.

In questi primi sei mesi, infatti, il giudizio che si può formulare è controverso, perché contraddittori sono stati i segnali lanciati. C’è voluto molto tempo per decidere la “squadra”, e il carosello di nomi che venivano continuamente ipotizzati e poi smentiti, pressoché per ogni ruolo, ha dato l’impressione della ricerca di un equilibrio forse impossibile da raggiungere – e che questo oscillasse tra il non scontentare qualcuno e il non accontentare nessuno. Le principali contraddizioni sono emerse rispetto alla partecipazione e al dialogo tra le istituzioni e la cittadinanza; intorno a un’idea di città e alla sua realizzazione; su ambiente ed ecologia.

La volontà di tornare a dialogare con la cittadinanza – dopo l’evidente fallimento di uno degli obiettivi caratterizzanti il Movimento 5 Stelle, la trasparenza – è stata subito messa in discussione da una gestione quasi da “politica emergenziale” dei progetti connessi al Pnrr. Si è assistito a un “ritirarsi” all’interno di tavoli tecnici dei molti progetti urbani, che invece da lungo tempo si provava a condividere (come quello per l’ex ospedale psichiatrico di S. Maria della Pietà), e che in questi ultimi anni erano stati tenacemente presidiati da una “cittadinanza attiva”, la quale, in contesti più avanzati e progressisti, è riconosciuta come una forza irrinunciabile e preziosissima. La benvenuta istituzione di una commissione speciale per il Pnrr non coincide ancora, tuttavia, né con la pubblicizzazione delle scelte né con l’apertura al dialogo nei processi decisionali.

Tra i grandi progetti di valore strategico e sovralocale c’è il “progetto Fori”. L’incarico è stato affidato a Walter Tocci, una nomina che ha ricevuto apprezzamenti unanimi: un sogno – già di Antonio Cederna, Italo Insolera, Leonardo Benevolo, Vittoria Calzolari – che sembra potersi realizzare nel solco della stessa cultura che lo aveva inizialmente ispirato. Questo progetto è importante, perché porta con sé un’idea di città in cui il grande parco archeologico centrale non serve “ad attrarre turisti”: al contrario, serve (a volere utilizzare questo termine) prima di tutto alla città e ai suoi abitanti, uno spazio pubblico contemporaneo che affonda le radici in una storia nella quale gli abitanti per primi possono riconoscersi e ritrovarsi – uno spazio civile della e per la cittadinanza, che si offre eventualmente anche ai visitatori.

Però, nel medesimo tempo, quella stessa idea di città è contraddetta da altri orientamenti e scelte dell’amministrazione. Per esempio, dalle prospettive di edificazione sul terreno di Torre Spaccata noto come il “pratone” – un’area di altissimo valore ecologico e archeologico, che gli abitanti sognano da anni come “parco delle ville” (ci sono infatti, nella zona, stratificazioni di diverse ville romane, rappresentando una delle principali aree di concentrazione di resti archeologici oltre a quelle centrali: e non dovrebbe stupire, trattandosi di un’area adiacente al Parco di Centocelle e non lontana dal Parco degli Acquedotti e dell’Appia, con i quali il “progetto Fori” dovrebbe tessere un dialogo). Su quest’area – che potrebbe e anzi dovrebbe divenire parte di un sistema di parchi di valore ecologico e storico-archeologico, coerente con l’idea di città sopra richiamata – è prevista invece una ennesima “centralità” e, piuttosto che riconoscere finalmente il fallimento di quella presunta strategia urbanistica, si ipotizza uno scenario in cui la Cassa Depositi e Prestiti, attuale proprietaria al 95%, realizzi le nuove strutture di Cinecittà, finanziate anche queste dal Pnrr (seppure con fondi gestiti dal ministero e non dal Comune).

Ancora, rispetto ad ambiente ed ecologia, non si può non osservare che, da un lato, si sposano velocemente (ma è un matrimonio “riparatore”, quindi con alte probabilità di fallimento) i contenuti veicolati dal Green New Deal, che permea lo stesso Next Generation EU, cioè il nostro Pnrr, tra i quali emerge enfaticamente quello della “transizione ecologica”, mentre, dall’altro, ci si trova “costretti” a optare per la realizzazione del termovalorizzatore. Nel programma di candidatura del sindaco, non ci sono riferimenti espliciti né a favore né contro questo tipo di impianto; però, nelle pagine in cui si chiarisce la strategia prevista per la gestione dei rifiuti, l’accento è sull’economia circolare, “cogliendone a pieno i benefici ecologici ed economici e portandola a livelli di eccellenza rispetto alle altre grandi capitali d’Europa”, e sull’aumento progressivo della percentuale di raccolta differenziata, “per arrivare sopra al 50% dopo i primi due anni e tra il 65 e il 70% entro la fine della consiliatura, per portarci verso l’obiettivo del Pacchetto Economia Circolare Unione Europea”.

L’opzione per un termovalorizzatore – che, stando alle ragioni addotte dal sindaco, si può definire come derivante da cause di forza maggiore – presenta almeno tre aspetti problematici, strettamente interrelati. 1) È vero che i termovalorizzatori, in Italia, sono in numero molto minore che in altri Paesi, ma si tratta di una soluzione che poteva considerarsi d’avanguardia fino agli anni Ottanta, quando gli esempi migliori di tali impianti erano già stati realizzati nelle città “virtuose” come Vienna, mentre difficilmente può esserlo oggi. (Lo stesso caso di Copenhagen meriterebbe di essere meglio approfondito prima di assumerlo a modello – anche perché si tratta di un impianto che ne sostituiva uno precedente). Comunque, le città dotate di importanti impianti di termovalorizzazione si vanno ora sempre più decisamente riorientando sul riciclo, tanto che fanno funzionare i termovalorizzatori (che richiedono quantità enormi di indifferenziata da bruciare per produrre energia) con la spazzatura degli altri. 2) Se è vero che il termovalorizzatore e il “pacchetto Economia Circolare Unione europea” non rappresentano soluzioni reciprocamente escludentisi, perché resta intatta la necessità di un notevolissimo incremento del riciclo, considerando che per ottenere un equilibrio sarebbe comunque necessario raggiungere almeno un 65% di differenziata, è anche verosimile che l’impianto concentrerà su di sé gli sforzi economici, l’attenzione, le energie, riducendo inevitabilmente la percezione della necessità di un percorso realmente circolare, per cui, dopo soli sei mesi di governo, rischiano di sfumare alcuni degli obiettivi più ambiziosi e importanti da raggiungere entro il termine della consiliatura. 3) Non da ultimo, avendo tutti esperienza dei grandi progetti infrastrutturali a Roma, è difficile condividere l’ottimismo del sindaco sul fatto di poter contare stavolta sul “completo controllo pubblico” e sulle “migliori competenze industriali” – come dichiarato dallo stesso Gualtieri durante l’assemblea capitolina straordinaria sulla gestione del ciclo dei rifiuti e sul piano industriale dell’azienda dei rifiuti (Ama). Rispetto a questo, purtroppo, non potremo “trattenere il respiro”, in attesa dell’agognato sollievo, anche solo per una questione di durata.

 

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