La gang di ragazzini ispirata a Scarface che terrorizzava il centro di Arezzo

Rapine, aggressioni e droga: sei minori arrestati, altri tre in comunità. «Un’organizzazione criminale»

Simone Innocenti

 

Arezzo Un unico obiettivo: quello del controllo del territorio. Si sono comportati come si comportano le organizzazioni criminali, anche se non hanno neppure 18 anni. Sei di loro sono finiti nel carcere minorile mentre altri tre sono stati collocati in una comunità. La squadra mobile di Arezzo, diretta da Pietro Penta e coordinata dal sostituto procuratore dei Minori Filippo Focardi, si è trovata a lavorare non soltanto su una baby gang ma su un qualcosa di ancora più nuovo: una «famiglia». E per la precisione la «famiglia Montana» (il riferimento è al film Scarface con Al Pacino), il cui leader — Walid Rakia, un trapper di 20 anni — fu arrestato il 29 marzo scorso dalla polizia finendo poi a domiciliari nell’abitazione dei suoi genitori a Cremona.

Controllare il territorio serviva — a detta degli inquirenti — a ribadire la superiorità del gruppo ma anche a spacciare droga o ad aggredire chiunque senza un pretesto. O magari a commettere rapine. In un solo giorno di colpi ne hanno messo a segno sei. Era la notte tra il 6 e il 7 novembre del 2021 quando gli indagati, a vario titolo, furono protagonisti di almeno sei violenti episodi nella centralissima piazza Sant’Agostino: tentate rapine e rapine aggravate ai danni di coetanei.

Una notte di violenza, che aveva fruttato circa 100 euro. Un bottino misero, certo. Ma un modo per ribadire che i padroni della piazza erano loro. Il mero dato di cronaca dice che tra i minorenni finiti sotto inchiesta ci sono due tunisini, un romeno, due marocchini, due aretini di seconda generazione e una coppia di aretini. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori questo gruppo — al quale il Tribunale ha assegnato l’aggravante dell’associazione a delinquere — da più di un anno seminava la paura tra gli adolescenti aretini. La «base» era in piazza Sant’Agostino. I membri — perché tali si consideravano — si ritrovavano nel pomeriggio e restavano in centro fino a tarda notte. Si muovevano tra le mura della città: piazza Guido Monaco e Prato in particolare. Ma non disdegnavano neanche la provincia: ad esempio a Lucignano dove un minorenne è stato colpito con una testata da uno degli indagati per avere 5 euro.

Il branco sceglieva con cura le proprie prede. Se la prendeva con ragazze o ragazzini all’apparenza più fragili, o semplicemente isolati dal gruppo. Li accerchiava e poi li picchiava. A quel punto si faceva consegnare soldi, telefonini, cuffiette. Accadeva quasi sempre in quelle stesse strade cittadine, dove poi gli indagati consumavano hashish e marijuana. Il loro «valore sociale» passava poi attraverso i social network, come racconta una ragazza sentita dai poliziotti: «Tutti questi ragazzi fanno parte di una sedicente “famiglia Montana”, che è molto presente sui social: fanno canzoni e video musicali ambientati in piazza Sant’Agostino. Preciso che sono persone di cui gli aretini hanno paura. Quando li incontro per le vie del centro preferisco cambiare strada: molti miei coetanei temono furti e pestaggi».

Per il Tribunale tutta questa violenza ha una spiegazione: «Questo gruppo è talmente compatto e sicuro della propria forza e dell’uso della violenza che la maggior parte delle aggressioni avvenivano in pieno centro, in presenza di estranei e in orari diurni. A dimostrazione del senso di onnipotenza e di impunità di cui pensano di essere dotati, anche in ragione del fatto che sono minorenni», si legge in un passaggio. Anche il lessico usato dagli indagati riporta a film di mafia. Al gestore di un locale che si era rifiutato, più volte, di servire alcolici ai giovani del gruppo perché minorenni, uno degli indagati lo ha affrontato a muso duro e gli ha detto: «Sei un grassone, ti incendiamo il tuo locale» .

Chiunque, insomma, provava a ribellarsi si trovava di fronte a delinquenti più che a studenti minorenni. «Dacci un pugno, così poi ti prendiamo a coltellate» , si è sentito dire un ragazzo che aveva reagito alle loro angherie dopo che avevano bloccato il funzionamento delle scale mobili di un locale del centro storico. La vittima era riuscita a schivare anche un pugno ma alcuni degli indagati avevano poi tirato fuori coltelli e tirapugni. Il gruppo si era fermato — ha ricostruito la polizia — solo quando il trapper era intervenuto per risolvere la situazione a modo suo: il cantante aveva puntato il coltello alla gola della vittima. Poi per fortuna era intervenuto un addetto alla sicurezza che aveva chiamato alle forze dell’ordine. In questo campionario di violenza, non manca un altro dato che testimonia l’impronta criminale del gruppo. Se sei nella gang, allora cresci di posizione: è quello che ha verificato la polizia rispetto a uno degli indagati. Come avviene la scalata? Seguendo una logica di violenza: più reati commetti e più fai strada all’interno del gruppo. E a quel punto puoi anche gridarlo suoi social, postando foto e video che lasciano capire chiaramente a chi li osserva — come è accaduto in un caso — che lui ormai è uno importante e ha un peso diverso all’interno di quella baby gang. Che per la Procura minorile diretta da Antonio Sangermano è una vera e propria associazione a delinquere.

 

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