Valentina Marotta ,Giulio Gori
Il processo alla movida molesta rischia di finire con una sanzione da 309 euro. Ieri la Procura ha chiesto un’assoluzione e 18 condanne per gestori di pub e bar di via de’Benci, Borgo dei Greci e piazza Santa Croce, accusati di disturbo alla quiete pubblica. Una contravvenzione per Mojo, Mirò, Kikuja, Oibò, Soul Kitchen, Lochness, Red Garter, Vintage e Per Bacco, l’assoluzione per insufficienza di prove per il titolare del Gallery (difeso dagli avvocati Francesco Stefani e Fabio Generini). Una pena mite, che però è la sanzione pecuniaria massima prevista per questo reato dal codice penale.
L’inchiesta era partita nel 2011 dopo gli esposti dei residenti, inermi contro la musica ad alto volume e impotenti di fronte agli schiamazzi dei clienti che bevevano birra per strada. Mesi di appostamenti della polizia municipale e poi il Gip aveva fermato la movida per ben due volte, nel 2012 e nel 2013 imponendo lo stop ai locali dalle 22 alle 7 del mattino. Per il pm Luigi Bocciolini, titolare dell’inchiesta prima di passare alla Procura generale, i gestori somministravano birra e cocktail a un numero di clienti superiore a quelli che il locale poteva contenere. Non avrebbero adottato misure idonee a impedire che i clienti sostassero per strada, ostacolando così la circolazione di auto e bus. Non solo. Alcuni titolari tenevano la musica ad alto volume che con le porta aperte si diffondeva per il quartiere. Per questo motivo, i gestori erano, secondo la Procura, responsabili del mancato riposo dei residenti.
Il tribunale del Riesame aveva poi revocato i sequestri. Decisione confermata dalla Cassazione: i gestori sono responsabili del rumore se gli schiamazzi avvengono nel locale e per poterne «configurare la responsabilità occorre provare rigorosamente che non abbia esercitato il potere di controllo». È su questa sentenza che i difensori hanno puntato. In aula, poi, è arrivata a testimoniare anche l’ex comandante della Polizia municipale Antonella Manzione che ha spiegato le difficoltà per i vigili di controllare quella marea di ragazzi per strada. Ora tutti, gestori e residenti, aspettano la sentenza prevista il 27 novembre.
«È una grande delusione — commenta Giuliano Leoni, del comitato Ma noi quando si dorme — Non sono un giurista, ma è evidente che la vicenda venga ridotta a una questione di schiamazzi; invece è chiaro che la privazione del riposo è anche un danno alla salute». «C’è un gap enorme tra il provvedimento di chiusura dei locali del 2012 e questa richiesta di condanna lievissima — prosegue Leoni — È la riprova che nell’interpretazione della legge esiste un margine di giudizio enorme. Per noi è una beffa».
Ma i residenti non si arrendono. Poche settimane fa, una sentenza del Tribunale civile di Brescia ha condannato in primo grado il Comune lombardo a risarcire due residenti per danni patrimoniale e biologici, a causa della mala movida. Il Comune di Brescia è stato ritenuto responsabile in quanto «ente proprietario della strada» ed è stato obbligato a pagare 50 mila euro ai due residenti. Così Leoni oggi annuncia che molti residenti si sono affidati a un legale «per valutare se chiamare in giudizio Palazzo Vecchio, sulla base della sentenza bresciana».
Sulla richiesta di condanna per i locali interviene Aldo Cursano, presidente di Fipe Toscana: «I titolari dei locali non hanno responsabilità su quel che succede in strada. Le aziende rispondono di quel che avviene al loro interno — spiega Cursano — Del resto siamo noi gestori ad aver proposto più volte alle autorità di pagare i nostri addetti per gestire la sicurezza all’esterno. Ma le forze dell’ordine ci hanno risposto che non possiamo. I nostri steward al massimo possono consigliare alle persone in strada di non gridare». «I danni li hanno subiti i locali di via dei Benci con il sequestro del 2012, i danni continuano a subirli i residenti che non dormono. Il problema è che la responsabilità di quel che succede in strada non è dei locali — dice Daniele Locchi di Confesercenti — La Cassazione è chiara, le aziende non hanno neppure gli strumenti per intervenire sulla pubblica via. Per questo anche 300 euro sono troppe. La cifra giusta è zero».