Ostia, scatta la caccia ai voti di CasaPound.

Nessuna delle due candidate vincitrici al primo turno per la corsa a mini sindaco di Ostia, Giuliana Di Pillo (M5S) che ha ottenuto il 30% di consensi, e Monica Picca (Centrodestra – 26%) fanno esplicitamente la corte ai preziosi voti di Luca Marsella (CasaPound – 9%). Quei 5.994 voti andati all’estrema destra, però, potrebbero essere determinanti al ballottaggio del 19 novembre. E quindi Di Pillo e Picca puntano «a convincere chi è rimasto a casa», praticamente due elettori su tre. E se l’esponente grillina, vicina alla sindaca Raggi, parla di «effetto positivo del governo pentastellato del Campidoglio sul voto nel litorale», la candidata di centrodestra «manda un avviso di sfratto alla sindaca».

 

L’astensione batte tutti (anche il Movimento).

 

Andrea Arzilli

 

Chi a Ostia stravince davvero è il partito degli astensionisti: 63,85% delle non preferenze, dato che si ottiene ribaltando il 36,25 delle schede infilate nelle urne per scegliere il mini sindaco del Municipio X reduce da due anni di commissariamento per mafia. E il numero dei non votanti si combina con il 30,28% con cui la candidata 5 Stelle Giuliana Di Pillo ha vinto – ma non stravinto – la tornata conquistando l’accesso al ballottaggio del 19 novembre. Sfiderà Monica Picca (26,68%), aspirante presidente della coalizione di centrodestra, arrivata a meno di duemila voti dalla grillina. «Il Movimento voleva essere un argine all’astensionismo, ma non ci è riuscito, a Ostia come in Sicilia – commenta il professor Oreste Massari, ordinario di Scienze politiche a “La Sapienza” -. Il dato dei non votanti pesa infatti ancora di più sui 5 Stelle: loro avevano legato il loro successo all’aumento della partecipazione».

Sul litorale di Roma, però, stavolta ha votato solo un cittadino su tre, un crollo rispetto a giugno del 2016 quando l’affluenza raggiunse il 56,11% dei 185 mila aventi diritto. Allora Virginia Raggi incassò il 44% dei voti, quasi 13 punti in più rispetto alla Di Pillo. Infatti i vertici del M5S, pure la sindaca da Cracovia, preferiscono fare due salti indietro e prendere come riferimento il dato delle municipali 2013, mentre per gli avversari politici il -13% nel confronto Raggi-Di Pillo vale anche una valanga di «sì» espressi nel 2016 e ritirati l’anno successivo. «Sul calo pesa certamente anche il disincanto verso la capacità di amministrare del M5S – la lettura di Massari -. Chiaro che sia un segnale di disillusione anche all’interno dei 5 Stelle, un giudizio in sostanza negativo. Ostia conferma una battuta d’arresto: vero che il M5S è ancora il primo partito e che il risultato è importante. Però è pure vero che si puntava alla vittoria».

E invece sarà testa a testa con il centrodestra, una coalizione eterogenea nella fase della campagna elettorale con comizi separati tra i vari partiti, ma che ha visto FdI (9,7%), Forza Italia (8,47%), Lega (4,16%) e le due civiche (2,1% più 2,20%) spingere compattamente la candidata «meloniana» Monica Picca ad un lusinghiero 26,6%. «Il centrodestra rinnovato è l’elemento più eclatante di questo turno, sia a Ostia che in Sicilia – spiega Massari -. È di fatto il ritorno competitivo di questa coalizione: il dato nuovo è la ricomparsa di un polo capace, al di là delle divisioni interne, di mantenersi unito nella competizione. Del resto hanno lavorato molto sul territorio, da Salvini alla Meloni».

Quello, cioè, che il Pd è riuscito a fare solo nella parte finale della campagna elettorale. Alla fine il candidato dem Athos De Luca è terzo in classifica e il Pd arriva al 13,74% delle preferenze. Dato che rappresenta uno sprofondo se accostato ai numeri del 2013 (oltre 21 mila voti), ma un segnale di resilienza rispetto al 2016, con il municipio sciolto per mafia e il presidente Pd arrestato. De Luca ha tenuto botta, diciamo, approfittando del voto «strutturato», dal partito, in un gioco di sponde con la scarsa affluenza. E adesso proprio il Pd potrebbe essere una delle chiavi del ballottaggio. «Io penso che la base del Pd preferire votare i 5 Stelle – commenta Massari -, però credo che il gruppo dirigente spingerà affinché il centrodestra». E anche CasaPound – reduce da un risultato clamoroso: 7,69% il simbolo e 9,02% la coalizione – potrebbe recitare un ruolo da protagonista da oggi fino al 19 novembre. «Così, d’istinto dico che con il centrodestra dovrebbe valere una certa contiguità culturale – commenta Massari -. Ma non escludo che qualche componente di CasaPound possa rivolgersi al M5S». Tutto aperto.

 

Martedì 7 Novembre 2017 Roma.

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