Disney ha deciso di scusarsi per gli stereotipi razziali e culturali presenti nei propri cartoni animati storici e farà precedere la proiezione di Dumbo, Peter Pan, Il Libro della Giungla e Gli Aristogatti da una presa di distanza dal proprio passato. La decisione si è resa necessaria per evitare proteste e campagne online che la costringessero a modificare i filmati o, peggio ancora, a ritirarli dalla distribuzione.
Far ridere il pubblico con gli stereotipi di una razza, con un particolare accento del personaggio, con abiti esotici buffi o con abitudini alimentari inconsuete è stato normale per secoli, ma ora non lo si può più fare. E’ meglio dunque prendere anche le distanze da quello che si è fatto in passato, arrivando a negare la validità di produzioni che fino a poco tempo fa erano considerate capolavori del cinema di animazione.
La trasmissione di alcuni dei più famosi cartoni animati storici realizzati quando Walt Disney era ancora in vita sarà dunque preceduta su Disney + e su altri servizi streaming da un comunicato, nel quale si prendono le distanze dal loro contenuto. «Questo programma – dice il testo – include rappresentazioni negative e/o maltrattamenti di persone o culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e sono sbagliati adesso. Piuttosto che rimuovere questo contenuto, vogliamo riconoscere il suo impatto dannoso, imparare da esso e stimolare la conversazione per creare un futuro più inclusivo insieme. Disney si impegna a creare storie con temi ispiratori e ambiziosi che riflettano la ricca diversità dell’esperienza umana in tutto il mondo».
Una premessa che Disney ritiene doverosa ma non sufficiente, visto che la presa di distanza si sofferma poi nei contenuti di ogni singolo film. Per gli Aristogatti, ad esempio, si criticano i vecchi autori per avere rappresentato il gatto siamese Shun Gon «come una caricatura razzista dei popoli dell’Asia orientale con tratti stereotipati esagerati come occhi a mandorla e denti da coniglio. Canta in un inglese poco accentato, doppiato da un attore bianco, e suona il piano con le bacchette. Questa rappresentazione rafforza lo stereotipo dello ‘straniero perpetuo’, mentre il film presenta anche testi che deridono la lingua e la cultura cinese».
«Dumbo», girato nel 1941, è sotto accusa per la scena dei corvi fumatori di sigari: il loro capo Jim Crow accenna alle leggi razziste sulla segregazione del Sud, ed è doppiato da un attore bianco. Peter Pan (1953) è condannabile per come tratta i nativi americani, facendo loro cantare la canzone «Che cosa ha fatto diventare rossi e pellerossa», e per il modo in cui i personaggi bianchi si impossessano degli abiti dei nativi. Il Libro della Giungla (1967) non va bene a causa degli oranghi, rappresentati come una caricatura di afro-americani.
Disney si adegua al revisionismo imposto dal politically correct, che ha già convinto molte reti televisive e network di streaming a intervenire con dichiarazioni che precedono la trasmissione delle opere più discusse. Non poteva sfuggire Via col vento (1939), la cui visione sarà preceduta da questa premessa: «Il modo in cui il film tratta questo mondo, visto attraverso una lente nostalgica, nega gli orrori della schiavitù, così come l’eredità di disuguaglianza razziale che ne è seguita». Lo si capiva anche solo guardando il film, ma forse non basta più.